ROMA – Si è chiuso a Palermo il dibattimento del processo Open Arms, che vede il leader della Lega Matteo Salvini imputato di sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio. Dopo le repliche della procura e le controrepliche della difesa di Salvini, i giudici sono entrati in camera di consiglio per decidere la sentenza. Il presidente della Corte, Roberto Murgia, ha spiegato che l’esito non arriverà prima delle 18.
“I migranti soccorsi dalla Open Arms non avevano diritto di scendere perché malati, ma perché uomini liberi. A Salvini, infatti, non si contesta il resto di lesioni ma di sequestro di persona: il problema è la libertà, non la salute”. Queste le parole della procuratrice aggiunta Marzia Sabella, che rappresenta la pubblica accusa .
“Open Arms ha volontariamente scelto di non far sbarcare i migranti pur avendo avuto più di una opportunità”, ha risposto nella controreplica l’avvocata Giulia Bongiorno, che difende il leader della Lega. “Open Arms ha trovato giustificazioni per non obbedire all’ordine della Spagna di raggiungere un porto iberico – ha aggiunto Bongiorno -, ha disubbidito a Malta, alla Spagna e all’Italia. Condannare Salvini significa legittimare le consegne concordate in mare dei migranti – ha concluso -. Per questo insisto sull’assoluzione di Matteo Salvini”.
Salvini era arrivato all’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo prima dell’udienza. Le accuse sono si sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. La vicenda risale all’agosto del 2019 quando Salvini, nella veste di ministro dell’Interno, impedì lo sbarco della maggior parte dei 147 migranti che si trovavano a bordo della Open Arms e che sono rimasti per diversi giorni fermi davanti all’isola di Lampedusa.
“Rifarei e rifarò tutto quello che ho fatto. Sono felice delle dimostrazioni di affetto di tantissimi italiani, quindi entro in quest’aula orgoglioso del mio lavoro”, ha detto all’arrivo. “Sono orgoglioso di quello che ho fatto: ho mantenuto le promesse fatte, ho contrastato l’immigrazione di massa. Qualunque sia la sentenza, per me oggi è una bella giornata perché sono fiero di avere difeso il mio Paese”.
“Avevo promesso di fermare l’immigrazione di massa e lo abbiamo fatto. Abbiamo ridotto i morti in mare, protetto gli italiani, ridotto i reati e salvato vite: non mi aspetto una medaglia ma qualunque sia la sentenza sono fiero di avere mantenuto le promesse fatte agli italiani, quindi entro in quest’aula di tribunale felice e orgoglioso”.
L’accusa ha chiesto la condanna a sei anni per sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio. Nell’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo, il presidente della seconda sezione penale di Palermo, Roberto Murgia, al termine della camera di consiglio, leggerà il dispositivo della sentenza che metterà una prima pietra sulla vicenda risalente all’agosto del 2019.
TRE ANNI DI PROCESSO
In quei giorni il governo Conte 1, nato dall’alleanza tra Movimento 5 stelle e Lega, è agli sgoccioli e i rapporti tra Salvini e il premier sono ai minimi storici. La Open Arms, con a bordo 164 migranti, chiede un porto sicuro a Italia e Malta. Salvini, alla guida del ministero dell’Interno, dà seguito alla linea dura condivisa anche dagli altri componenti del governo sul fronte dell’immigrazione, negando alla nave l’ingresso nelle acque territoriali italiane. Nasce in quel momento il braccio di ferro con la ong che alla fine porta al processo di Palermo. Il provvedimento viene sospeso dal Tar del Lazio, che accoglie il ricorso degli avvocati di Open Arms. Per venti giorni la nave rimane ferma davanti all’isola di Lampedusa.
Nel frattempo il tribunale di Palermo ordina lo sbarco dei minori ma la situazione a bordo degenera. Le immagini dei migranti che si gettano in acqua per potere raggiungere la riva a nuoto fanno il giro del mondo ed è qui che entra in scena il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio. Il magistrato sale a bordo della Open Arms per rendersi conto della situazione. All’uscita parlerà di “situazione esplosiva”, sequestrando la nave. È la mossa che sblocca la situazione ma che innesca anche il caso politico-giudiziario con l’iscrizione di Salvini nel registro degli indagati.
A quel punto la palla passa, per competenza, a Palermo, che è sede del tribunale dei ministri ma per l’autorizzazione a procedere serve il via libera del Senato. I magistrati mandano gli atti a Palazzo Madama che concede l’autorizzazione a procedere e così, il 17 aprile 2021, il gup Lorenzo Jannelli dispone il rinvio a giudizio del leader leghista.
In tre anni, al processo di Palermo, la sfilata di tutti i protagonisti di quella vicenda: dall’allora capo di gabinetto di Salvini, Matteo Piantedosi (oggi alla guida del Viminale), a Giuseppe Conte e gli allora ministri Luigi Di Maio, Elisabetta Trenta e Danilo Toninelli.Gli esponenti del Movimento cinque stelle hanno preso le distanze dalle azioni dell’allora ministro dell’Interno, incastonando le mosse di Salvini nello scenario politico agitato degli ultimi giorni del governo Conte 1.
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