ROMA – “Sono sempre stato appassionato di chirurgia, ho iniziato a fare robotica nel 2009 perché ebbi la fortuna di andare a lavorare a Bassano del Grappa e dove venivo non c’era la possibilità di utilizzare il robot. È dunque dal 2009 che mi sono avvicinato a questo tipo di tecniche. La chirurgia è bellissima in tutti gli ambiti, ma la robotica, forse, ha un fascino in più e ha un appeal particolare. Oggi con i robot cerchiamo di fare un po’ tutto, anzi in realtà ci facciamo tutto e infatti ci siamo spinti anche a fare le ricostruzioni vescicali”. Così, intervistato dall’agenzia Dire, il professor Dario Del Biondo, Direttore della UOC di Urologia dell’Ospedale San Paolo di Napoli, 46 anni, uno tra i più giovani primari di Urologia d’Italia, inventore della famosa tecnica VON.
Soffermandosi sulla vescica colpita da tumore e sulle complicanze anche visive, molte volte bisogna infatti mettere un sacchetto all’esterno, l’esperto informa che con la sua tecnica la vescica stessa viene in un qualche modo ricostruita. Una tecnica che deriva il proprio nome dal famoso vulcano partenopeo. “La tecnica VON sta per Vesuvian Orthotopic Neobladder, ma- precisa Del Biondo- tra gli amici la chiamiamo ‘Vescica Ortotopica Napoletana’. Eravamo infatti all’Ospedale del Mare, che si trova proprio alle pendici del Vesuvio. Dunque, vedevamo il vulcano tutti i giorni: ci è sembrato doveroso rendere grazie a questa grande cosa che è il Vesuvio”.
Il Direttore della UOC di Urologia dell’Ospedale San Paolo di Napoli precisa poi che “la ricostruzione vescicale, in realtà, è una tecnica che esiste da tanto tempo, la novità è come viene fatta. Bisogna infatti considerare che ricostruire una vescica è una cosa che, tecnicamente, può essere anche abbastanza complicata e farlo con il robot, quindi con una tecnica totalmente intracorporea, a volte richiede expertise molto alte e non è alla portata proprio di tutti, anche perché il tempo di apprendimento di tali tecniche diventa molto lungo”.
“Quello che abbiamo cercato di fare- dice ancora il professor Del Biondo- è stato semplificare la tecnica per poterla rendere più fruibile anche per persone che hanno meno esperienza con la chirurgia robotica. La grande differenza è che la vescica che noi ricostruiamo viene confezionata completamente con le stapler, che sono delle suturatrici meccaniche”. “Con la suturatrice meccanica- precisa l’urologo- si superano tutte quelle difficoltà delle suture che devono essere fatte a mano e anche l’effetto finale della sutura è in parte garantito dalla suturatrice meccanica. Quindi, anche l’errore dell’uomo diventa molto inferiore, oltre a rendere tutta la tecnica molto più veloce, perché comunque parliamo di interventi che possono durare diverse ore. Ecco, dunque, che recuperare un po’ di tempo è un vantaggio per tutti, per la sala operatoria ma soprattutto per il paziente che è sottoposto ad un intervento più velocemente, quindi meno anestesia, ed è per lui più facile recuperare”.
In medicina e soprattutto nei pazienti colpiti da malattie tumorali è importante anche il benessere psicologico e l’immagine del proprio corpo. “L’immagine corporea, a volte, è molto importante, specie al giorno d’oggi- le parole del professor Del Biondo- quindi già superare una malattia che di per sé sembra una condanna ma spesso non lo è è una cosa certamente non facile per il paziente. Aiutarlo ad accettare di più il cambiamento del proprio corpo, un cambiamento che comunque ci sarà, può essere quella marcia in più che dà al paziente stesso la possibilità di affrontare anche la vera malattia e quindi tutto il percorso che ci sarà dopo”. “Perché a volte- evidenzia- vedere davanti allo specchio il proprio corpo completamente modificato non è facile da accettare. È vero che poi tutto si accetta e si impara ad accettare, però è meglio se possiamo dare al paziente una piccola mano, un piccolo aiuto, un sostegno. È come mettere la mano sulla sua spalla: a volte la mano non significa niente però è proprio quel momento di tranquillità che fa la differenza”. “E allora, probabilmente, nell’economia generale della giornata al paziente non cambia se ha un sacchettino oppure se fa la pipì da solo- conclude Dario Del Biondo- ma in realtà cambia”.
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