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Video | Caso della setta Matriarca: “A Santa Catarina una rete di corruzione e droga”

MondoVideo | Caso della setta Matriarca: “A Santa Catarina una rete di corruzione e droga”

ROMA – ‘Operação Mensageiro‘ è il nome della maxi operazione che nello Stato brasiliano di Santa Catarina, con epicentro del malaffare in Tubarao, ha messo ko giudici, funzionari, sanitari, amministratori locali con l’accusa di corruzione. E’ proprio lì, in questo dedalo di trame oscure che la setta della Matriarca, tra riti magici ed estorsioni, ha sconvolto la vita di Nunzio Bevilacqua, giurista d’impresa, che ha deciso di denunciare l’organizzazione criminale che attribuendogli la paternità di una figlia dopo una breve relazione con Barbara, presunta ancella della setta, aveva iniziato a chiedergli soldi, soldi e ancora soldi sempre senza fornirgli, forti di una rete di protezione locale a vari livelli, come emerge dalle indagini e da diverse segnalazioni anonime, alcun dato sanitario, anagrafico né tantomeno titolo giustificativo del millantato diritto. Questo è accaduto a lui, come ad altri italiani caduti vittime dell’estorsione.

L’avvocato di Bevilacqua, Edson Ribeiro, alla Dire ha rivelato nuovi importanti elementi dell’indagine. “Da una nostra fonte anonima abbiamo ricevuto notizia che l’organizzazione (della Matriarca, ndr) poteva essere coinvolta nella lavorazione di sostanze stupefacenti da piantagioni di epadù (pianta che si trova anche in Perù e usata per produrre coca) che si trovavano in prossimità dell’università Federale di Santa Catarina a Florianopolis – Ufsc – alle spalle del Laboratorio Aquos. Se pur non collegata direttamente alla vicenda- spiega Ribeiro- era una pista su cui indagare perché qualora veritiera avrebbe conferito ulteriore credibilità a una fonte. Dopo aver documentato il tutto ho segnalato il fatto a un agente di polizia stazionato nel luogo, ma quando sono tornato sul posto, la mattina dopo, non c’erano più cespugli di epadu. Era stata fatta una ‘pulizia straordinaria’ del sito eradicando gli alberelli e senza lasciare alcuna traccia di ciò che avevo però, precauzionalmente, già immortalato”.
Le indagini quindi, questo il quadro che emerge, sono ostacolate sul nascere, anche attraverso una denuncia alla polizia civile di Tubarao sporta proprio nel confronti di Ribeiro da parte della stessa Barbara, dimostratasi, come apparirebbe fin dalla prima contestazione, finalizzata solo ad intimidire la prosecuzione della ricerca della verità, proprio nella zona dove la Mani Pulite brasiliana si sta concentrando.
Ribeiro parla anche della rete che, all’inizio della vicenda Bevilacqua e a partire dal documento presentato come test del dna, poi contestato da periti successivi, non ha mai di fatto difeso il malcapitato dai personaggi coinvolti nella vicenda a vario titolo. Ecco alcuni elementi. L’ex avvocato di Bevilacqua, poi sfiduciato, Matheus do Livramento “l’ho conosciuto a Tubarao- racconta Ribeiro- ed è emerso che il suo rapporto con Bevilacqua era teso: fu lui (non fu una scelta autonoma di Bevilacqua come dirà in più punti, ndr) a indicare il laboratorio di analisi per il test del dna sulla bambina e a scambiare comunicazioni via email con una dipendente del centro analisi nonostante avesse dichiarato sempre di non conoscere il laboratorio né tantomeno le persone che vi lavoravano”. A questo va aggiunto un altro elemento sospetto: Bevilacqua sapeva che “lo studio dove lavorava il suo ex avvocato era divenuto di proprietà di Barbara e di sua sorella Georgia, medico pubblico a Tubarao. Tutto questo sarà chiarito nelle indagini e il pm deciderà sulla questione”.
E poi ci sarebbero altre persone sulle quali indagare come “la figura di Alvaro detto l’Angelo Salvavidas, sedicente bagnino di Rio de Janeiro del Corpo dei Vigili del Fuoco – anche questo lo si sa da una credibile segnalazione anonima – o tali Miguel Angel e Carlos, presunti frequentatori a vario titolo della Casa della Matriarca. Ecco- conclude Ribeiro- bisognerebbe indagare anche sui social e proprio lì, molto probabilmente incrociando alcuni profili, vedere quanto di queste denunce corrisponde a realtà”.

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