In un martedì di luglio, l’11 del 2017, due chilometri di fiamme correvano sul Vesuvio e una nube di fumo, visibile da ogni punto del golfo di Napoli, si alzava vero il cielo. Un incendio, doloso ha devastato il vulcano campano, travolgendo e distruggendo numerosi ettari del paesaggio boschivo.
Tra i volontari giunti sul posto sin dai primi momenti dell’incendio per aiutare nei soccorsi, c’era il fotografo Maurizio Esposito, il quale, impressionato dai danni provocati dalle fiamme, ha deciso, in seguito, di avviare una ricerca.
Esposito, ha impiegato più di tre anni per immortalare con la sua macchina fotografica, non solo le forme di devastazione di un paesaggio ferito, ma anche una natura che si riappropria dei suoi spazi e di un tempo che è capace di risanare i danni.
«La fotografia mi ha permesso di cambiare la realtà, le scene di morte sono diventate altro. Sono andato alla ricerca di quell’energia vitale che era nascosta nel Vesuvio distrutto, nei suoi colori, nelle sue forme e nella luce del sole. In quei luoghi di morte ho cercato quello che era rimasto della vita» spiega Esposito.
Di questi scatti, diciotto immagini di grande formato, 100 x 71 cm, sono state allestite al MANN – Museo Archeologico Nazionale di Napoli, nelle sale 25 e 26 della Collezione Farnese, dando vita alla mostra “Vesuvio, 11 luglio 2017’’, curata da Chiara Pirozzi.
Giunto davanti le fotografie, il visitatore viene avvolto nell’immagine, quasi inglobato, come a calpestare la fauna del sottobosco e a sentirsi parte integrante e attiva del paesaggio.
Il percorso espositivo della mostra si integra nella Collezione Farnese custodita nelle sale del MANN, stabilendo con essa un sottile dialogo fatto di storie, testimonianze e memorie. Elemento unificante è la luce, che si manifesta attraverso le ombre plastiche della scultura classica e la luce fendente che plasma il paesaggio raccontato da Maurizio Esposito.
Nelle fotografie di Maurizio Esposito le forme di una natura devastata si trasformano in una visione poetica dove lo sguardo fatica a distinguere la cenere dalla neve, la roccia magmatica increspata dalle radici sinuose degli alberi, il dramma dalla lenta rinascita.
Vesuvio, 11 luglio 2017 è una riflessione sul rapporto distruttivo tra uomo e natura, e sulla capacità di riappropriarsi della relazione di appartenenza con il luogo delle sue origini, anche dopo avvenimenti devastanti.
Maurizio Esposito, nasce e vive a Napoli, si divide fra il centro storico della città partenopea e Torre del Greco, dove sono i suoi studi, questo implica che nel corpus “Vesuvio, 11 luglio 2017” trasformazione e memoria si intrecciano nelle fotografie, rivelando un intimo legame personale e una storia familiare dell’autore con il paesaggio vesuviano, che “rendono le immagini non solo una testimonianza d’archivio ma soprattutto uno stato d’animo emozionato che, dall’esperienza del singolo, riesce ad aprirsi al percepito di un’intera comunità”. (Chiara Pirozzi)
Il fotografo, nella sua ricerca artistica, procede indagando il paesaggio attraverso un approccio emozionale, sociale ed etico, a cui si aggiunge il costante riferimento al dato biografico, da cui sempre parte per realizzare i suoi lavori.
La ricerca sul paesaggio e la sua rappresentazione è al centro dell’indagine che il fotografo conduce da tempo e che lo ha portato a interessarsi ai cosiddetti “paesaggi in sparizione”. Questi contesti naturali, come i ghiacciai o gli ambienti subacquei, possiedono un potere evocativo significativo e sono ampiamente riconoscibili nell’immaginario collettivo. Tuttavia, a causa dei danni causati dall’inquinamento, dal surriscaldamento climatico e dalla incuria umana, stanno sperimentando una radicale e progressiva scomparsa.
La mostra è stata realizzata grazie al sostegno di Ente parco Nazionale del Vesuvio, RDR e Collezione “i Cotroneo-Roma”, based. Si ringrazia Massimo Osanna (Direttore Generale Musei del Mic) Paolo Giulierini, Andrea Milanese, Ruggiero Ferrajoli, Antonio Biasiucci, Bruno Matacena.
Adriana Talia