ROMA – Seimila dollari in due tranche, nel 2011 e nel 2013. Spiccioli. C’è stato un tempo – preistoria – in cui Donald Trump ha finanziato l’ascesa politica di Kamala Harris. La “scema” – come avrebbe poi preso ad offenderla in queste ultime settimane di campagna elettorale – correva per lo scranno di Procuratore della California. E Trump rimbalzava da “indipendente” e “riformista”, da democratico a repubblicano. Versava un po’ qua e un po’ là. Come in un flipper con le sponde truccate: l’apparentamento politico era un appiglio di comodo. Trump è sempre stato solo, terribilmente, Trump.
All’epoca non si faceva un vanto di poter fare delle donne ciò che vuole, in quanto famoso: “anche prenderle per la fica, tutto”. Non aveva ancora definito il riscaldamento globale una “bufala” inventata dai cinesi per azzoppare l’economia americana. Non poteva prevedere la pandemia, e la sua eventuale soluzione geniale: “Iniettarsi del disinfettante per uccidere il virus”.
Quello era un Trump embrionale. Ora che a 78 anni è il più vecchio-neoeletto presidente della storia degli Stat Uniti e si appresta a tornare alla Casa Bianca per la seconda volta, è alla sua versione finale: matura, immarcabile. Incoronato da un plebiscito elettorale e in controllo su entrambe le camere. Un pregiudicato al comando della più potente democrazia mondiale. I carichi pendenti resteranno appesi per almeno quattro anni, a stagionare come caciocavalli nelle cantine del sistema giudiziario americano. Ai piccoli elettori non importa.
Ed è pleonastico raccontare oggi “chi è” Donald Trump. Perché tutti sanno chi è stato, e moltissimi hanno paura di chi sarà. Trump non è un mistero, ma ha il dono di rendersi imprevedibile. Un destino scritto nel cognome camufflage, dall’originale tedesco Drumpf al “trumpf” che in tedesco è la briscola, la carta vincente. Trump è un jolly pescato dal mazzo.
Newyorkese di padre tedesco, appunto, e madre scozzese. Nonno Frederick era il cugino di Henry John Heinz, quello del ketchup. Papà Fred fu barbiere, poi immobiliarista ricco sfondato. Eredità a Donald, quarto di cinque figli, secondo maschio. Il fratello maggiore morì in gioventù per le conseguenze dell’alcolismo.
Ma Trump andrebbe raccontato seguendo la ritmica dei suoi discorsi, lunghissimi e frastagliati. Una vita con mille incisi, inciampi, balbuzie, gaffe. Un filo attorcigliato. Dall’edificazione della Trump Tower sulla Quinta Strada alle case da gioco ad Atlantic City, con la costruzione della sua immagine pubblica sullo sfondo. Un personaggio di cemento armato, dalle fondamenta traballanti.
Casinò, condomini, campi da golf e hotel. Chicago, Las Vegas, India, Turchia e Filippine. Nel 1988 Forbes gli intestò un patrimonio netto da un miliardo di dollari. Le dichiarazioni fiscali raccontarono poi che il miliardo lo perse tra il 1985 e il 1994 tra decine di fallimenti e cessioni spericolate.
Trump però era già Trump, solo un po’ meno arancione in volto. Possedeva Miss Universo, Miss America e Miss Teen Usa, e pensava di possedere anche i corpi delle ragazze che partecipavano ai suoi concorsi. Il botto mediatico arriva con The Apprentice, il reality in cui licenzia malamente aspiranti imprenditori in competizione per un posto nella Trump Organization. Ovviamente pubblica libri, appare in qualche film e partecipa a eventi di wrestling. La foto che meglio trasmette la sua identità è freschissima: lui, Musk e Dana White, il pirotecnico boss del circo MMA, le arti marziali miste, in conciliabolo prima di salire sul palco di Palm Beach per autoproclamarsi Presidente again.
Le donne intanto, quelle che lui usava prendere per i genitali, ne hanno denunciato più volte aggressioni e abusi. Trump s’accompagnava con Jeffrey Epstein, prima che gli scandali lo travolgessero. Ma ha resistito. La sua prima moglie è stata l’iconica Ivana Zelnickova, con cui ha avuto tre figli Donald Jr., Ivanka ed Eric, prima di divorziare nel 1990. Anche quella partita si giocò in tribunale: Trump fu accusato di violenza domestica. Dopo fu la volta di Marla Maples, due mesi dopo la nascita della loro unica figlia, Tiffany. Divorzio nel 1999. Ora è sposato con l’altrettanto celebre Melania Knauss, ex modella slovena. Sul palco della festa in Florida l’ha introdotta pubblicizzando il suo libro. Come in una televendita di materassi. Il figlio, Barron Trump, è diventato maggiorenne appena in tempo per votare papà in un momento puccioso assai ed altrettanto virale.
Trump è riuscito a surfare sui tribunali, cavalcando l’onda più lunga del potere. All’inizio del 2024 due giurie separate hanno stabilito che aveva diffamato la scrittrice E. Jean Carroll negando le sue accuse di violenza sessuale. È stato condannato a pagare complessivamente ottantotto milioni di dollari, ma ha presentato appello. E’ stato condannato per trentaquattro capi d’accusa legati alla falsificazione di documenti aziendali, emersi durante le indagini sui pagamenti per comprare il silenzio dell’attrice porno Stormy Daniels, con cui avrebbe avuto una relazione sessuale nel 2006. Eppure eccolo ancora lì, Mr President 2 la vendetta.
Il claim del nuovo corso è “fermerò tutte le guerre”. Un annuncio cacofonico, a giudicare i toni da guerriglia di tutta la campagna elettorale. Ma anche su questo fronte non c’è molto di inedito. Quando nel 2015 lanciò la sua prima candidatura alla Casa Bianca e alle primarie repubblicane, promise che avrebbe costruito un muro al confine con il Messico. Sono passati quasi 10 anni e il tormentone dei confini da “sigillare” è ancora lì, riscaldato al microonde. Come quel “Make America Great Again” che trascina ormai un movimento – i MAGA – quasi parallelo al partito repubblicano tradizionale. Vinse contro una donna, bianca: Hillary Clinton. Ha vinto contro un’altra donna, nera: Kamala Harris. In mezzo ha perso con un uomo, Joe Biden, e per poco non ha innescato una guerra civile.
Torna in carica da primo presidente della storia americana per due volte sotto impeachment. Da incriminato e condannato. Ha affrontato 4000 procedimenti giudiziari. Solo negli ultimi due anni è stato condannato a pagare più di mezzo miliardo di dollari in sanzioni. E’ ancora imputato in quattro procedimenti penali, tre federali e uno statale. Ora, da presidente, avrà la facoltà di auto-perdonarsi per almeno tre delle cause in corso.
Gli Stati Uniti entrano in una nuova era. Lui dice che sarà “magica”. Non c’è trucco e non c’è inganno, la politica è solo prestidigitazione.
L’articolo Un pregiudicato alla Casa Bianca: la storia di Trump, il presidente immarcabile proviene da Agenzia Dire.
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