(Adnkronos) – A spoglio ancora in corso, mentre Donald Trump è a un passo dalla vittoria nelle elezioni presidenziali americane 2024, arriva l’analisi del voto Usa in diretta streaming sul sito di Adnkronos con ‘Breakfast in America’. Tanti gli ospiti in studio e collegati con l’evento in collaborazione con il Centro Studi Americani. In studio il direttore dell’Adnkronos Davide Desario e i vicedirettori Giorgio Rutelli e Fabio Insenga (GUARDA LA DIRETTA).
“L’Europa stava attendendo con più ansia del solito l’esito delle elezioni americane. Diversi i canali su cui l’Europa potrebbe essere impattata dalla vittoria di Trump. In prima battuta, quello commerciale: abbiamo già visto le ripercussioni sul settore manifatturiero, in particolare quello tedesco. Riteniamo che le proposte di dazi commerciali al 10% contro tutti i partner commerciali e soprattutto le implicazioni maggiori, con dazi commerciali fino al 60% sui prodotti cinesi potrebbero avere ripercussioni negative sulle esportazioni e sul manufatturiero tedesco”. Così Giada Giani, senior economist di Citi per l’Europa.
“Altro settore importante – spiega Giani – è quello dell’energia: l’Europa ha sofferto un grosso shock energetico negli ultimi tre anni. In grande parte questo è rientrato ma non totalmente. Evoluzioni sul fronte del conflitto in Ucraina potrebbero avere delle ripercussioni sul prezzo dell’energia, anche positive, con il prezzo del gas che potrebbe scendere ulteriormente, portando sollievo a settori che soffrono ancora dell’aumento del prezzo delle commodities energetiche più alte del pre-pandemia. Infine il lato fiscale: nessuno dei due candidati proponeva il rientro del deficit pubblico americano ma sicuramente le proposte repubblicane tendono ad essere più costose da punto di vista della politica fiscale: i rendimenti sui bond governativi hanno prezzato già prima delle elezioni uno scenario di aumento del deficit e dei tassi di interesse. Questo – conclude – potrebbe avere delle ripercussioni anche sui rendimenti europei”.
“Al di là della complicazione dello spoglio, mi pare che Trump abbia vinto. Io non sono d’accordo su tutte le preoccupazioni sulla democrazia statunitense, anche perché il presidente non è un uomo solo al comando. Io non penso che possa fare delle giravolta, è vero che Trump è imprevedibile, e ha detto delle cose che ci hanno preoccupato, come per esempio sull’invasione dell’Ucraina. Può permettersi di far vincere Putin e aprire altre faglie di crisi in Europa? Può permettere che Xi Jimping invada Taiwan? Può non coltivare il rapporto con l’Europa? Sono domande che mi faccio, e rimango ottimista, perché un conto sono le dichiarazioni elettorali, un conto è la realtà”. Lo ha detto Stefania Craxi, senatrice di Forza Italia e presidente della commissione Esteri e Difesa di palazzo Madama, intervenendo a Breakfast in America. “L’unico problema potrebbero essere i dazi, ma anche qua: può permettersi di farlo davvero? – ha aggiunto -. Io rimango ottimista per le alleanze, lo ripeto”.
“L’Europa ha avuto un tempo sufficiente, dalla guerra fredda agli anni ’20, trent’anni per creare forze armate europee. L’Europa ha scelto di fare altro. Non crei delle forze armate di un continente composto da 27 Stati nel giro di 4 anni, non lo creeremo nei prossimi anni, di fronte all’invasione russa dell’Ucraina. Bisognava pensarci prima”, spiega il professore Gabriele Natalizia, docente di Relazioni internazionali all’Università La Sapienza di Roma.
“Il concetto di autonomia strategica, evidentemente dagli Stati Uniti, e che implicava una forza armata europea sembra essere tramontato” conferma Natalizia, secondo cui “la posizione italiana è stata quella vincente: lavorare insieme con gli alleati quando è possibili ma fare da soli quando è necessario. Sia Harris sia Trump avrebbero condiviso un imperativo strategico: il disimpegno dalle aree non ritenute vitali per gli interessi americani nel momento in cui gli interessi vitali americani sono in gioco nell’indo-pacifico”.
“Lavorare oggi all’autonomia strategica significa far sviluppare una industria della difesa europea, incapace di sostenere lo sforzo bellico della resistenza ucraina, significa coordinare gli acquisti delle varie forze armate per cercare di renderle quanto più interoperabli possibili e non delle forze armate che non comunicano e non possono lavorare tra loro”.
“Viene da chiedersi cosa succedere con un Presidente in carica con numerosi capi di imputazione, a cominciare dal caso Stormy Daniels, e sotto inchiesta e quali decisioni saranno prese. Il secondo punto è che genere di presidenza sarà quella di Trump, sul tema del ruolo predominante di Elon Musk e di Peter Thiel (fondatore Paypal, ndr) che teorizzano come la democrazia non sia più in grado di governare e che vorrebbero un governo di super tycoon tecnocrati. Temo che potrebbe prefigurarsi un presidente attorniato da yes man, come nella sua prima presidenza, e che ceda molta della sua strategia a figure come Thiel e Musk. Ci potrebbe portare uno scenario distopico”. Così la regista, documentarista e giornalista Antonella Rampino intervenendo a Breakfast in America.
“Adesso comincerà una corsa all’interpretazione su cosa voglia dire quello che Trump ha detto, ovvero che farà finire la guerra” in Ucraina “in 24 ore. L’interpretazione più ricorrente è che voglia esercitare una pressione su Zelensky, su cui ha una leva fondamentale che è la fornitura di armi, oppure su Putin, che sono le minacce, questo perché si siedano a un tavolo. In Europa ci sarà un’accelerazione molto forte su come fare all’indomani per strutturarsi per contenere Putin”. Lo ha detto Beniamino Irdi, senior fellow, Atlantic council. “Il tratto che mi preoccupa di più di Trump è il distacco dall’Europa”, ha aggiunto.
“Sì, la traiettoria è abbastanza tracciata per la vittoria dei Repubblicani. Si attende Trump ed è il momento dell’inizio del processo ai democratici, è stata una totale debacle, questa sconfitta negli Stati Uniti è gemella di quella delle sinistre in Europa”. Lo ha detto Antonio Di Bella, giornalista Tv 2000 in collegamento da Washington davanti a Capitol Hill, intervenendo a Breakfast in America.
“E’ una sveglia per le classi politiche europee, ma per l’Europa in generale. Trump tratterà con i singoli Stati, ma soprattutto si dovrà ragionare sull’aumentare i fondi per la difesa – ha aggiunto -. Inizierà per i democratici inizierà la notte dei lunghi coltelli, io spero che si rinnoveranno anziché puntare sul trumpismo di sinistra”.
“E’ stata una giornata molto intensa, con lunghe code ai seggi. Colpisce la modalità di elezione negli Stati Uniti. Emerge una grossa polarizzazione soprattutto nello Stato di New York, dove vince Trump, mentre nella città di New York vince Harris”, ha detto Alessandro Alfieri, senatore del Partito democratico, intervenendo a Breakfast in America.
“Ci sono due diverse bolle, con fronti diversi in cui è difficile che ci si sposti da una parte all’altra – ha proseguito -. Il potere d’acquisto e l’inflazione sono stati tra i temi centrali, poi le politiche migratorie”. La partecipazione più alta negli Stati Uniti rispetto all’Italia che effetto fa? “Qua ci sono strumenti per aumentare la partecipazione, e questa volta anche i repubblicani hanno investito nel voto anticipato rispetto al 2020. Poi le campagne hanno portato anche a voti più consapevoli”, ha detto ancora Alfieri.
“Se dovessimo leggere le elezioni americane con la lente dei media europei, Harris sarebbe già presidente, ma chi ha interlocuzioni con gli Stati Uniti, il fatto che Trump fosse avanti lo si poteva misurare, chi ha paura che la sua vita possa cambiare vota Trump”, ha concluso Alfieri.
“I dati sono positivi per una potenziale vittoria di Trump. Il primo swing State confermato per lui è la North Carolina, bisogna però vedere come va in Pennysilvania e Michigan”, le parole di Lorenzo Montanari, vicepresidente International Affairs, Americans for tax reform.
“Più del 50% degli americani pensano che Trump sia meglio a gestire l’economia, l’americano ha votato considerando l’aumento della spesa. La grande differenza tra di loro è sul lato fiscale”, ha proseguito. “I Repubblicani non sono stati trumpizzati del tutto, per lo meno dal punto di vista commerciale, ma bisogna vedere quanti repubblicani verranno eletti tra Camera e Senato, io spero per in un approccio più moderato sui dazi”, ha aggiunto.
“Il dato di fondo è una volontà degli Stati Uniti di voler cambiare strada. Non sappiamo ancora come finirà ma anche se finisse a sorpresa verso Kamala Harris, che sembra improbabile, il Paese ha dato un segnale fortissimo di discontinuità. Questa voglia di cambiare strada si è espressa in un voto che sta andando in una direzione che sta dando non solo un secondo mandato a Donald Trump ma anche di affiancarli un Congresso che potrebbe essere monocolore. Vedere un Trump che sta ricostruendo la mappa del 2016 fa abbastanza impressione, dopo tutto quello che è successo. Se le proiezioni sono corrette, un Trump che potrebbe superare i 300 voti elettorali, deve far riflettere il mondo”. Così il Co-founder Bea – Be a media company Marco Bardazzi intervenendo a Breakfast in America.
“L’impressione finale – conclude – è un bisogno di un cambio di passo che vede in Trump ancora oggi l’uomo contro l’establishment, un segnale contro i dirigenti in generale in tutti i Paesi del mondo. Non è un segnale solo per l’America ma per tutto il mondo”.
“C’è da capire se sarà – prosegue Bardazzi – un Trump libero o con una o due mani legate dietro la schiena, dipende che congresso avrà: un Trump con Senato e Camera controllato dai Repubblicani per due anni avrà tutta la possibilità di mettere in pratica le cose che ha promesso nella campagna elettorale. In chiave internazionale avremo subito degli effetti: i dazi doganali saranno probabilmente uno dei primi ordini esecutivi dello studio ovale e potrebbe scatenare delle guerre commerciali, di cui l’Europa risentirà. Dal punto di vista internazionale sappiamo quanto vogliono prendere le distanze dalla guerra in Ucraina, dall’impegno nella Nato, quanto vogliono chiedere un maggior impegno ai paesi arabi per far risolvere la questione con Israele, sappiamo che il focus diventa quello dell’Asia completamente e le sfide dell’indo-pacifico”.
“Qua tira un’aria buona. Trump è appena arrivato e spero che entra un’ora sia chiusa la partita. Trump parlerà solo con numeri alla mano”, ha detto Andrea Di Giuseppe, deputato di Fratelli d’Italia, eletto nella circoscrizione Usa, collegato da Palm Beach nel comitato elettorale Trump, intervenendo a Breakfast in America.
Con una vittoria di Donald Trump “vedo una positiva defiscalizzazione e incentivi alle aziende. Spero che i dazi siano un tema solamente da campagna elettorale perché andrebbero a colpire i prodotti europei. Speriamo che verso l’Europa il governo Trump possa facilitare la politica dei visti perché si fa sempre più complicato importare i nostri cervelli”. Così l’Amministratore delegato della Colavita Usa, Giovanni Colavita.
“Non c’è stato con Biden un netto cambiamento sul tema dei dazi. Quello che è mancato con Biden – conclude Colavita – è un supporto alle aziende, sul tema della fiscalità e degli incentivi. Questo approccio di Trump a rifocalizzare sull’America darà forte supporto alle aziende e stimoli all’economia che potrebbe ripartire”.