(Adnkronos) – Nuove manovre militari cinesi intorno a Taiwan. Jet e navi da guerra attorno all’isola. E’ la seconda volta in meno di cinque mesi. ‘Joint Sword-2024B’ è il nome in codice delle esercitazioni avviate nelle ultime ore dalla Repubblica Popolare e “concluse con successo”. Sono apparse come una risposta al discorso di giovedì del presidente di Taiwan in occasione della Festa Nazionale. E sono arrivate dopo i giochi di guerra ‘Joint Sword-2024A’, di maggio, seguiti all’insediamento di Lai Ching-te (William Lai) alla presidenza di Taiwan.
Pechino lo considera un “pericoloso separatista” e le truppe del gigante asiatico sono “pronte a sventare qualsiasi tentativo separatista”. Nell’atteso intervento del 10 ottobre il presidente di Taiwan ha affermato che Pechino e l’isola “non sono subordinate l’una all’altra” e che la Repubblica Popolare “non ha diritto di rappresentare Taiwan” e i suoi 23 milioni di abitanti. Ha indicato come sua “missione” quella di “resistere all’annessione”, insistendo sulla difesa della “sovranità” dell’isola di fatto indipendente, ma che Pechino considera una “provincia ribelle” e per la quale vuole la “riunificazione”. Lai ha anche assicurato impegno per “pace e stabilità” nello Stretto di Taiwan e promesso di voler lavorare con la Cina sulle sfide globali. Parole subito criticate dalla diplomazia cinese con l’accusa di alimentare le tensioni.
Sul ‘campo’ è tutto iniziato ieri con la segnalazione dell’ingresso della portaerei cinese Liaoning nelle acque nell’area del canale di Bashi, canale strategico a sud di Taiwan che separa l’isola dalle Filippine. Poi oggi sono stati dispiegati navi da guerra e jet per accerchiare Taiwan nell’ambito di manovre – in nove aree intorno all’isola – con la mobilitazione di Esercito, Marina, Aeronautica e altre forze. Da Taipei hanno affermato di aver rilevato la presenza di 125 velivoli cinesi, “un record per una sola giornata”.
Per la prima volta, sottolinea il Wall Street Journal, la Cina ha annunciato il dispiegamento della sua Guardia Costiera intorno a Taiwan. I militari hanno parlato di “un forte deterrente contro le attività separatiste delle forze dell”’indipendenza di Taiwan” e di una mossa “legittima e necessaria per difendere la sovranità nazionale e mantenere l’unità nazionale”. Il Comando del Teatro orientale ha assicurato di essere “pronto a combattere in ogni momento”. Senza mezzi termini il ministero degli Esteri di Pechino ha ripetuto che “indipendenza di Taiwan e pace nello Stretto di Taiwan sono incompatibili”, che Taiwan “non è una questione diplomatica” e che gli Stati Uniti dovrebbero “smettere di armare l’isola” e di inviare “segnali sbagliati”.
Dal ministero della Difesa di Taipei hanno condannato con forza quella che è stata considerata una “provocazione assurda”. E subito confermato della mobilitazione di “truppe per proteggere libertà, democrazia e sovranità”. Dalla presidenza hanno chiesto lo stop alle “provocazioni militari che compromettono pace e stabilità” e la fine delle “minacce alla democrazia e alle libertà di Taiwan”.
A Washington c’è forte preoccupazione perché “la risposta della Repubblica Popolare cinese con provocazioni militari a un consueto discorso annuale è immotivata” e si rischia l’escalation. Dal Dipartimento di Stato Usa hanno invitato Pechino alla “moderazione” e a “evitare qualsiasi altra azione che possa compromettere pace e stabilità nello Stretto di Taiwan e nella regione”.
L’isola conta sul sostegno degli Usa in base al Taiwan Relactions Act del 1979. Per Chang Wu-ueh, direttore dell’Istituto di studi cinesi della Tamkang University citato dal New York Times, le manovre sono una “risposta diretta e agguerrita” al discorso di Lai del 10 ottobre. Ieri in un’editoriale l’agenzia ufficiale cinese Xinhua ha accusato il presidente di Taiwan di cercare di presentare le due sponde dello Stretto di Taiwan come “due Stati”, un affronto alla “politica di un’unica Cina” sostenuta da Pechino (e anche dagli Usa). Un’immagine diffusa dalla Guardia Costiera, e rilanciata stamani dal tabloid nazionalista cinese Global Times, ha mostrato una mappa con le unità navali cinesi che accerchiano Taiwan formando una sorta di cuore intorno all’isola.
Non solo le esercitazioni. Stamani la Guardia Costiera di Taiwan ha fatto sapere di aver fermato un cittadino cinese accusato di aver tentato di raggiungere con un gommone un’isola controllata da Taipei. Per le autorità di Taiwan, non si può escludere la possibilità che la Cina usi questi episodi nell’ambito delle tattiche della cosiddetta ‘zona grigia’. Intanto le autorità cinesi hanno imposto sanzioni contro due individui e un’entità per sostegno a posizioni “indipendentiste” a Taiwan. Nel mirino sono finiti la Kuma Academy, istituita nel 2021 con l’obiettivo di preparare i civili in caso di invasione cinese dell’isola, il cofondatore Puma Shen (del Partito progressista democratico di Lai) e il suo principale sostenitore, Robert Tsao.
Negli ultimi anni le esercitazioni militari cinesi intorno a Taiwan si sono intensificate, con la tendenza a coincidere con ‘sviluppi’ che suscitano le ire di Pechino. Nell’agosto del 2022 il gigante asiatico aveva avviato maxi manovre militare in risposta alla visita sull’isola dell’allora speaker della Camera Usa, Nancy Pelosi. Oggi Lai ha assicurato che “il governo continua a difendere il sistema costituzionale democratico e libero”, a tutelare la “sicurezza nazionale” e la democrazia di Taiwan. Intanto a Pechino è arrivato in visita il ministro russo della Difesa, Andrei Belousov.
Eletto a gennaio, al potere da maggio, Lai Ching-te (William Lai) è stato vice presidente di Taiwan dal 2020 prima di prendere il posto di Tsai Ing-wen alla guida dell’isola di fatto indipendente ma che la Cina vuole “riunificare”. La sua vittoria al voto di gennaio è stata considerata storica perché ha consegnato al Partito progressista democratico la leadership dell’isola per la terza volta consecutiva. Sessantacinque anni appena fatti, Lai ha un passato di studi in Medicina perfezionati a Harvard. Premier per due anni dal 2017, era stato in precedenza sindaco di Tainan per sette anni. Dal gennaio del 2023 è alla guida del Partito progressista democratico. Il Global Times, tabloid nazionalista cinese, lo ha descritto come un “separatista”. Per Pechino è un “provocatore” e un “piantagrane”.
Nel suo discorso in occasione della Festa Nazionale, giovedì scorso, Lai ha indicato come sua “missione” quella di “resistere all’annessione”, insistendo sulla difesa della “sovranità” dell’isola, ma assicurando al contempo di voler lavorare con il gigante asiatico sulle sfide globali. La Cina “non ha diritto a rappresentare Taiwan – ha affermato Lai il 10 ottobre – Cina e Taiwan non sono subordinate l’una all’altra”. Parole che erano state subito critiche da Pechino e che erano arrivate dopo che la portavoce dell’Ufficio (cinese) per gli Affari di Taiwan, Zhu Fenglian, aveva puntato il dito contro Lai, accusato di far salire le tensioni con le dichiarazioni sul gigante asiatico che non può essere la “patria” degli abitanti di Taiwan. Oggi su Facebook Lai ha assicurato che, “di fronte alle minacce esterne”, il “governo continuerà a difendere il sistema costituzionale democratico e libero, a proteggere una Taiwan democratica e a salvaguardare la sicurezza nazionale”.