ROMA – “Le cause” della violenza contro le donne “vanno affrontate tutte quante. Ci sono sicuramente dati che parlano di un’incidenza significativa dell’immigrazione illegale di massa su questa materia” ha detto Giorgia Meloni, intervenendo dal G20 in Brasile sulla polemica innescata dalle dichiarazioni del ministro Giuseppe Valditara rilasciate ieri in occasione della nascita della Fondazione per Giulia Cecchettin. Le opposizioni contestano non solo l’impostazione della premier ma pure il riferimento ai dati. E sui dati, in difesa del ministro leghista, interviene il ministro e leader della Lega Matteo Salvini: chi ha ucciso Giulia Cecchettin, afferma “è un maledetto assassino, bianco, probabilmente cattolico e italianissimo. Ma i numeri dell’Istat, e non del ministero ahimè, mettono in correlazione il fenomeno migratorio con l’aumento dei reati sessuali. Poi che sia bianco, nero, giallo o verde avrebbe nella castrazione chimica la sua cura. Se a qualcuno danno fastidio i numeri mi dispiace” sottolinea Salvini.
Quanto ai numeri, che cosa dicono i dati Istat? Interrogando il centro di statistica, in relazione al reato di violenza sessuale registrati negli ultimi due anni, 2021 e 2022 questi i risultati:
Nel 2021 gli italiani accusati di violenza sessuale sono stati 3.009: 17 (età fino a 13 anni), 122 (14-17 anni), 420 (18-24 anni), 505 (26-34 anni), 580 (35-44 anni), 597 (45-54 anni), 448 (55-64 anni) 320 (65 e più).
Sempre nel 2021 gli stranieri accusati di violenza sessuale sono stati 1.965: 9 (fino a 13 anni), 97 (14-17 anni), 412 (18-24 anni), 637 (25-34 anni), 447 (35-44 anni), 223 (45-54 anni), 102 (55-64 anni) e 38 (oltre 65).
Nel 2022 per violenza sessuale, l’Istat registra questi numeri per gli italiani 3.246: 15 (fino a 13 anni),140 (14-17 anni), 424 (18-24 anni), 531 (25-34 anni), 638 (35-44 anni), 654 (45-54 anni), 469 (55-64 anni), 375 (65 e più).
Sempre nel 2022 gli stranieri accusati di violenza sessuale sono stati 2.396: 8 (fino a 13 anni), 143 (14-17 anni), 476 (18-24 anni), 762 (25-34 anni), 603 (35-44 anni), 281 (45-54 anni), 92 (55-64 anni), 31 (65 e più).
Nel 2021 il picco massimo si registra nella fascia d’età 25-34 anni dove sono 637 gli stranieri accusati di violenza sessuale rispetto ai 505 italiani.
Nel 2022 i numeri crescono anche nella fascia d’età 25-34 con 762 stranieri accusati di violenza sessuale rispetto ai 531 italiani.
I DATI DI D.i.Re – DONNE IN RETE
Donne in Rete contro la violenza ha elaborato anche per il 2023 la fotografia della Rete dei centri antiviolenza e delle attività realizzate sul territorio nazionale. “Il 46,5% delle donne che si rivolgono a un centro della Rete ha età compresa tra i 30 e i 49 anni, riflettendo un andamento stabile nel tempo. Sono prevalentemente donne italiane, anche se, nel 2023, almeno una su quattro è di nazionalità straniera”.
L’autore della violenza “è prevalentemente italiano- continua il report- soltanto il 26% ha provenienza straniera e questo dato, oramai consolidato negli anni con scostamenti non significativi (nel 2022 era del 28%), mette in discussione lo stereotipo diffuso che vede il fenomeno della violenza maschile sulle donne ridotto a retaggio di universi culturali situati nell”altrove’ dei Paesi extraeuropei. Quasi sempre l’autore della violenza è il partner oppure l’ex partner. Questo significa- si legge nel report dati 2023- che nel 74,2% dei casi (80,5% nel 2022, 79,8% nel 2021) la violenza viene esercitata da un uomo in relazione affettiva con la donna”.
Le organizzazioni della Rete sono attualmente 87 e gestiscono 117 centri e 218 sportelli antiviolenza, oltre a 66 case rifugio su tutto il territorio nazionale. I centri garantiscono alle donne accoglienza, ascolto e possibilità di assistenza legale nella totalità dei casi. Offrono consulenza psicologica e percorsi di orientamento al lavoro in percentuali superiori al 92% dei casi. Nei 112 centri antiviolenza su 117 che hanno partecipato alla raccolta dati, le donne accolte nel 2023 sono state 23.085 (+ 11,5% sul 2022) di cui 16.453 nuove (+ 15% sul 2022).
“Quasi una donna su tre, tra quelle che si sono rivolte ai centri antiviolenza, non ha un lavoro e meno della metà (41,1% tra occupate e pensionate) può contare su un reddito sicuro. Le forme di violenza subite dalle donne che si rivolgono ai centri della Rete sono multiple e di varia natura, consolidate nel tempo. La più frequente è quella psicologica – subìta dalla grande maggioranza delle donne (82,2%) – seguita da quella fisica (56,5%). Almeno una donna su tre- continua il report di Di.Re- subisce violenza economica, mentre la violenza sessuale e lo stalking sono riscontrati in un numero di casi più basso (16,9% e 16,3% rispettivamente)”.
Le violenze, soprattutto quando agite dal partner o dall’ex-partner, “possono sfociare in situazioni di grave pericolo sia per la donna sia per i suoi figli e figlie. Le case rifugio rispondono alla necessità di allontanarsi dall’abitazione familiare, come unica soluzione percorribile per evitare ulteriori e più gravi violenze. Nel 2023 i centri che dispongono di almeno una casa rifugio sono complessivamente 66, corrispondenti al 59%. Si registra anche per il 2023, come per gli anni precedenti, un aumento degli appartamenti di cui le case dispongono (si passa da 198 nel 2022 a 227 nel 2023) e una disponibilità di 1.190 posti letto. Ciononostante, l’offerta risulta ancora insufficiente, tanto è vero che 673 donne non hanno potuto trovare ospitalità”, conclude Di.Re.
“Negare la cultura che nutre la violenza maschile alle donne, il patriarcato, significa disconoscere la matrice alla base del fenomeno – Lo dichiara Antonella Veltri, presidente D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza. È gravissimo quanto ha espresso il ministro Valditara di fronte a Gino e alla famiglia Cecchettin, ai quali va un mio personale abbraccio sodale e di vicinanza. Che un rappresentante delle istituzioni assuma un punto di vista negazionista, dando alla cultura diffusa dagli immigrati la responsabilità di parte delle violenza che da sempre caratterizzano le culture occidentali è molto grave, soprattutto rispetto al futuro delle attività di prevenzione, protezione e punizione che la Convenzione di Istanbul indica come percorso. Se conoscesse i numeri dei centri antiviolenza, si renderebbe conto che l’uomo violento ha le chiavi di casa e, spesso, sembra quello che viene comunemente definita una ‘brava persona’”. Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo https://www.dire.it