ROMA – “È indispensabile che ci sia una forma di giustizia internazionale che ora esamini gli efferati crimini commessi da funzionari del deposto regime siriano, anche applicando la giurisdizione universale, come già accaduto, per chi aveva cercato riparo o si trovava in Europa quando Assad era ancora in carica”: così commenta alla Dire Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, la notizia della caduta del regime della famiglia Assad, al potere dal 1970, dopo che gruppi ribelli hanno preso il controllo della capitale Damasco.
UN PAESE DEVASTATO DA 13 ANNI DI GUERRA
Il nodo ora è la ricostruzione del Paese, devastato da tredici anni di guerra, e la transizione politica. Ma secondo Noury è altrettanto importante non garantire impunità a chi, anche prima del 2011, è stato accusato di crimini tra cui arresti arbitrari, torture, uccisioni di civili. Ma la Corte penale internazionale ancora non si è mossa perché Damasco, non essendo firmataria del Trattato di Roma, non è stato membro della Corte dell’Aia che quindi per agire ha bisogno del via libera del Consiglio di sicurezza.
Tuttavia, come ricorda Noury, un altro tribunale internazionale si sta muovendo: “Canada e Paesi Bassi hanno denunciato la Siria per violazione della Convenzione Onu contro la tortura alla Corte Internazionale di Giustizia” la Icj, sempre con sede all’Aia. Mentre la Cpi giudica le azioni dei singoli individui, l’Icj si occupa delle azioni di uno Stato nel suo complesso.”Intanto abbiamo una buona notizia: le prigioni in cui dal 2011 sono state imprigionate, in molti casi scomparse nel nulla, migliaia e migliaia di persone, si stanno riaprendo” scriveva stamani sui suoi profili social il portavoce di Amnesty. “Ne escono persone fiaccate dall’isolamento e dalla tortura. Ne escono anche resoconti di persone morte di tortura. Noto anche il contrasto tra la preoccupazione in Occidente su quante persone fuggiranno ora dalla Siria e la speranza di chi era riparato in Occidente di poter forse tornare in Siria”
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