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ROMA – Nella località siriana di Al-Qutayfah, una quarantina di chilometri a nord della capitale Damasco, è stata individuata una fossa comune con all’interno migliaia di corpi. Ben 100mila, secondo quanto sostiene Mouaz Moustafa, capo della Syrian Emergency Task Force. “È una stima molto, molto estremamente, quasi ingiustamente prudente” ha evidenziato il responsabile, affermando di essere certo che, oltre a questa fossa comune, che si aggiunge ad altri quattro siti identificati, “ce ne siano delle altre” e che insieme ai corpi dei siriani, sarebbero sepolti anche quelli di stranieri di varie nazionalità, tra cui anche statunitensi e britannici.
A fine novembre un movimento di gruppi ribelli guidati da Hayat Tahrir Al-Sham (Ats) ha portato l’8 dicembre scorso alla caduta del presidente Bashar Al-Assad, fuggito a Mosca, al potere in Siria col padre Hafiz dal 1970. Come è emerso dalle carceri aperte dai ribelli, le autorità hanno detenuto per anni migliaia di prigionieri, tra cui anche donne e bambini. Queste persone hanno subito anche torture e vessazioni. Migliaia anche gli scomparsi, che starebbero ora riemergendo dalle fosse comuni come quella di Al-Qutayfah.
Un tema su cui interviene ora con forza Mohammad Al-Abdallah, direttore del Syria Justice and Accountability Center (Sjac), che chiede con forza che le procedure di riesumazione delle fosse sia svolto nel rispetto del diritto forense, per poter identificare correttamente tutte le salme. Ha infatti denunciato che nei siti starebbero lavorando persone non esperte, legate al governo di transizione guidato da Hts, oppure familiari dei “desaparecidos” che cercano le spoglie dei loro cari.
Invece, come ha evidenziato Al-Abdallah in una itnervista alla testata siriana Enab Baladi, “il processo di riesumazione delle fosse comuni dovrebbe essere accompagnato da un’indagine forense e penale, durante la quale i corpi vengono separati e ne viene identificato il sesso, stabilendo il contesto della fossa comune, misurando la lunghezza dell’individuo sepolto attraverso il femore, oltre a cercare di determinare la causa della morte”, osservando se ad esempio la salma presenta fori di ingresso delle pallottole, oppure le mani legate.
“INVIARE ESPERTI PER RACCOGLIERE DATI, TESTIMONIANZE ED ELEMENTI DI PROVA DI CRIMINI COMMESSI DAL REGIME”
Ieri Robert Petit, a capo del Meccanismo internazionale, imparziale e indipendente (Iiim) delle Nazioni Unite, in una conferenza stampa a Ginevra ha riferito di aver scritto al governo ad interim di Damasco comunicando la propria disponibilità a inviare squadre di esperti per raccogliere dati, testimonianze ed elementi di prova dei crimini commessi dal regime: “Ora c’è la possibilità di accedere alle prove del livello più alto del regime”. E ha aggiunto: “La nostra priorità sarà valutare l’entità del problema, vedere esattamente cosa è disponibile in termini di accesso e potenziali prove, e poi vedere come potremo contribuire a preservarle al meglio”. l’Iiim è stato istituito nel 2016 per indagare e contribuire a perseguire i crimini più gravi commessi in Siria dal 2011.
Tra questi, sta emergendo anche la pratica di incarcerare un numero imprecisato di minori, nati o cresciuti in cella con le loro madri. In una nota Medici senza frontiere (Msf) ha fatto sapere di stare ricevendo a Idlib detenuti imprigionati a Damasco e in altre zone della Siria. Tra queste, riferiscono i responsabili, “c’è un’ex detenuta che trascorso 8 anni nella prigione di Sednaya. Oggi ha 27 anni. È entrata in prigione con suo figlio che all’epoca aveva 3 mesi, oggi ne ha 8. Il bambino non sa cosa sia un biscotto, un albero o un uccello, nemmeno un giocattolo con cui giocare. Non sa leggere né scrivere. Ha visto sua madre subire abusi fisici e sessuali. È stato davvero difficile parlare con lui”.
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