(Adnkronos) – “Dal taglio del cuneo fiscale previsto in manovra i lavoratori ne escono ancora più poveri. E l’intervento sulle detrazioni fiscale va ad aggravare la loro condizione. Senza contare che non si fa nulla contro il lavoro sempre più precario, che porterà ad avere in futuro pensionati sempre più poveri”. Così, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Paolo Andreani, segretario generale della Uiltucs, il sindacato di categoria Uil che rappresenta i lavoratori del terziario, turismo, commercio e servizi, spiega i punti che stanno alla base dello sciopero generale convocato per il prossimo 29 novembre da Cgil e Uil contro la manovra economica del governo.
Secondo Andreani nel provvedimento del governo “ci sono alcune condizioni in particolare che secondo noi penalizzano, o piuttosto non aiutano, la condizione delle lavoratrici e dei lavoratori che noi rappresentiamo. Ce n’è una ad esempio che riguarda il cosiddetto taglio del cuneo fiscale. Per come è congegnato i redditi fino a 8.500 euro, rispetto a 2024, avanzerebbero di un euro lordo. Un reddito attorno ai 20.000 euro perderebbe circa 300 euro lordi e un reddito fino a 35.000 euro perderebbe circa 760 euro all’anno. Questo non è un avanzamento delle retribuzioni”, attacca il dirigente sindacale.
E, secondo Andreani, non è finita qui. “Per come si va a tagliare le detrazioni -sottolinea- e avendo a riferimento il quoziente familiare del reddito, oltre complessivamente un milione di lavoratori, e ce n’è una parte anche ovviamente nel terziario, ne avrebbe un danno”, sottolinea il leader della Uiltucs. E nulla, attacca il sindacalista, è stato fatto contro la ‘piaga’ del “lavoro povero, della discontinuità lavorativa. Noi per contrastarlo, per migliorare la situazione retributiva dei lavoratori, puntavamo alla detassazione degli aumenti contrattuali che abbiamo realizzato in questo periodo con i 15 rinnovi siglati. Avremmo potuto godere per un lungo periodo di un vantaggio molto più significativo rispetto al taglio del cuneo fiscale. E non ci siamo riusciti”, sottolinea il sindacalista.
E lo sciopero generale del 29 novembre è in corrispondenza con il Black Friday, il giorno dei grandi ribassi nel commercio. “Il Black Friday? I lavoratori che rappresentiamo lavorano nella vendita al dettaglio e nella grande distribuzione organizzata, come anche nell’e-commerce. Noi ci aspettiamo un’adesione significativa allo sciopero del 29 novembre, specie nei punti vendita della distribuzione organizzata, l’effetto sulle vendite lo vedremo dopo lo sciopero”, sottolinea.
E Andreani ricorda che il lavoro nel commercio “è una di quelle attività che seguono la liberalizzazione degli orari. Vengono svolte con l’apertura ininterrotta delle strutture e, a seconda della capacità di organizzarsi nel lavoro, ci sono molte persone, la grande maggioranza, che è costretta a lavorare i sabati e tutte le domeniche. E festività comprese. Questi lavoratori vengono pagati con percentuali orari e lievemente superiori. Ma qual è il tema? Si lavora il sabato, la domenica, orari su misura per le imprese, le imprese fanno fatturati e invece i salari sono bloccati”, aggiunge.
Per il dirigente sindacale infatti “i lavoratori dei comparti che rappresentiamo non se la passano bene. Anche perché sono settori nei quali, in particolar modo parliamo del terziario, del commercio, sono aumentati i profitti delle imprese in modo molto significativo, nell’ultimo biennio di oltre il 40%, mentre gli investimenti sono stati esigui, circa l’1,6%. E soprattutto non è stata redistribuita la redditività che è stata realizzata. Non si è fatta minimamente contrattazione di secondo livello e i lavoratori sono sempre più poveri”, ribadisce.
Andreani sottolinea come nel terziario “il contratto nazionale lo abbiamo rinnovato, ma dopo oltre 5 anni, quindi c’è stata una perdita del potere d’acquisto di oltre una mensilità. Non si è fatta minimamente contrattazione di secondo livello, le aziende non hanno distribuito ciò che hanno realizzato. Questo ha peggiorato ulteriormente le condizioni di lavoro delle persone, soprattutto sui salari. Tutto questo con una condizione di lavoro molto flessibile: quindi orari su misura per l’impresa, ma poco salario. E questo sta diventando anche il problema per il quale le imprese non trovano più risorse disponibili”, sottolinea il sindacalista.
Nel terziario, secondo Andreani, serve una svolta. “Noi ci siamo trasformati in un ‘polmone occupazionale’ con un ‘degrado’, per così dire, delle condizioni di lavoro e del salario perché la pubblica amministrazione, dovendo contenere le spese, applica contratti collettivi a basso contenuto economico. E anche l’industria, ‘terzierizzando’ utilizza una parte del terziario con contratti collettivi che anche in questo caso hanno condizioni economiche problematiche”, sottolinea.
In sostanza, lamenta Andreani, “il Paese ha un grande ‘polmone occupazionale’, prevalentemente giovani e donne, a cui si garantiscono condizioni salariali precarie e ci sono condizioni lavorative altrettanto precarie. Che vuol dire la povertà economica dell’oggi ma poi anche la povertà previdenziale del domani. Perché col sistema contributivo delle pensioni, essendoci poco salario, un 35enne di oggi sa che andrà in pensione a 74 anni con 1000 euro lordi, e un part-time, e ci sono oltre un milione di part-time, andrà in pensione con l’assegno sociale. Quindi ci dobbiamo preparare alla povertà previdenziale”, avverte Andreani.
Secondo il dirigente sindacale, “è un tema che purtroppo sarà sempre più preoccupante se noi non creiamo la condizione per qualificare il lavoro, dando un valore al lavoro e quindi incentivando la contrattazione collettiva e il lavoro di qualità. Perché si continua a dare contributi, a sostenere le imprese che non rinnovano i contratti? Perché si danno contributi a pioggia e non si danno, magari, alle imprese virtuose, che magari aumentano l’occupazione e si mettono nella condizione di avere la responsabilità sociale di impresa?, conclude Andreani.