(Adnkronos) – “La dermatite atopica è una malattia infiammatoria estremamente pesante, soprattutto nelle sue forme moderate e gravi, sia dal punto di vista clinico che psicologico, in particolare nell’adolescente. Il fatto che ci siano a disposizione “delle terapie semplici” con una buona tollerabilità e un buon profilo di sicurezza, che possono essere auto somministrate attraverso una penna, e che, addirittura, modificano la storia della malattia e le possibili conseguenze, è un dato estremamente importante”. Così Anna Belloni, professore ordinario di Dermatologia dell’università di Padova, responsabile della Dermatologia pediatrica e malattie rare dell’Azienda ospedale università di Padova e direttore della scuola di specializzazione in Dermatologia nello stesso ateneo, spiega all’Adnkronos l’importanza che medici, e soprattutto i pazienti, siano informati per “accedere alle cure adeguate e finalmente stare meglio”.
La dermatite atopica “è una patologia infiammatoria estremamente pruriginosa e frequente, soprattutto nell’età pediatrica – illustra la professoressa – Arriva anche a interessare il 15% dei bambini, mentre nell’adolescente la percentuale si abbassa intorno all’8-10%. Se quindi nel bambino tende a migliorare e guarire, nell’adolescente è più frequente la forma più grave perché, probabilmente, dopo una primissima fase in cui è oggettivamente grave, circa un terzo dei pazienti tende a migliorare, dai 5 ai 12 anni, fino anche alla scomparsa dei sintomi e delle manifestazioni cutanee. In quelli in cui permane, tende a peggiorare proprio durante la fase adolescenziale tanto che, alcune di queste forme, più o meno un terzo, tendono a mantenersi anche nell’età adulta, accompagnando il soggetto per tutta la vita. Ci sono e poi le forme cosiddette ‘late onset’, che compaiono invece nell’età adulta e anche nell’anziano”.
Questa malattia della pelle “si manifesta nelle zone visibili e, considerando la psicologia dell’adolescente, cioè il suo modo di porsi nell’ambito sociale, degli amici e così via – osserva Belloni – significa avere comunque un problema sociale”. Le relazioni possono essere compromesse perché, essendo una patologia “estremamente pruriginosa, 24 ore al giorno, tende a creare problemi di stanchezza, poca attenzione per la carenza di sonno e quindi di concentrazione”. A questo si deve aggiungere che, date le localizzazioni tipiche della dermatite atopica”, questi adolescenti non possono fare sport, limitando ulteriormente l’attività sociale. Sono quindi ragazzini e ragazzine “che si chiudono, escono poco volentieri, fanno poco volentieri attività di gruppo. Questo, naturalmente, riduce di moltissimo la loro qualità della vita” e può “anche modificare, alle volte, il carattere” perché “perdono sicurezza in se stessi. Anche nelle scelte future”, questi giovanissimi si trovano a dover evitare “carriere sportive” o, ad esempio, il lavoro in “ambienti polverosi” che possono peggiorare la malattia.
Inoltre “il bullismo – sottolinea Belloni – è estremamente frequente nella popolazione adolescenziale con dermatite atopica”. Secondo “una rilevazione è bullizzato il 60% dei soggetti con forme gravi e moderate gravi. Tale condizione rende ancora più insicuri questi giovanissimi nei comportamenti e nella gestione delle proprie emozioni”. Ma “per fortuna, da poco, sono arrivate delle terapie”. Fino ad oggi, le cure per questi pazienti erano in un “buio medievale perché potevano essere efficaci nel breve e brevissimo periodo e, tra l’altro – ricorda la specialista – non potevano essere utilizzati a lungo perché avevano degli effetti collaterali troppo importanti. Le nuove terapie, che inizialmente erano disponibili solo per l’adulto, da poco sono indicate anche per gli adolescenti. Effettivamente questo ha completamente modificato la qualità di vita di questi ragazzini”. In particolare tra le nuove terapie ci sono “degli anticorpi monoclonali anti interleuchina 13 che vanno a bloccare sostanzialmente il meccanismo dell’infiammazione tipo Th2 – descrive – Come dermatologo, e come professionista che segue questa patologia nell’adolescente, sono più a mio agio perché posso dare una terapia efficace per loro. Quello che poi è molto interessante di queste nuove terapie – precisa la professoressa – è che, come dimostrano gli ultimi studi, riducono le sequele, cioè le possibili altre patologie allergiche che si associano alla patologia. E, nel lungo periodo, la terapia sembra essere, non solo efficace, ma anche protettiva e questo, dal mio punto di vista è ancora più importante perché non sto dando qualcosa che blocca solo la malattia, che è già un risultato, ma somministro anche un farmaco che, in qualche modo, mi preserva dalle conseguenze. Questa è una cosa estremamente importante per noi specialisti”.
C’è poi un altro aspetto innovativo di questo trattamento, tralokinumab, che riguarda la via di somministrazione. “È ora disponibile un nuovo device – descrive Belloni – che è appunto una penna, che dimezza le somministrazioni. Mentre prima venivano fatte 4 sottocutanee per l’induzione e poi 2 per il mantenimento, adesso se ne fanno 2 per l’induzione e una mensile per il mantenimento. Il ragazzino, o la ragazzina, con questa penna, si fa sostanzialmente questa iniezione una volta al mese per controllare la sua malattia, superando anche il problema dell’agofobia, la paura degli aghi, che non interessa solo gli adulti”.