BOLOGNA – Una settimana di congedo parentale in un anno. Un ritardo nei 12 mesi in cui è stata sotto contratto. Eppure a Giulia, 23 anni, il contratto come autista soccorritore sulle ambulanze della Fondazione Catis, a Bologna, non è stato rinnovato. Perché? Niente di scritto, ma alla giovane lavoratrice, che una mattina arrivando a lavoro non si è vista inserita nei turni delle settimane successive, sarebbe stato spiegato che la mancata conferma sarebbe legata alla sua ‘condizione familiare’ che la renderebbe “indisponibile” al lavoro: Giulia, 23 anni, è una madre single con una bambina di sei anni.
“Le hanno detto che non possono investire su di lei, ma Giulia non ha mai creato problemi al lavoro, anche i delegati lo confermano”, spiega Rita Vaccari della Fp-Cgil di Bologna, che oggi ha organizzato un presidio di fronte alla sede della società che gestisce il servizio delle ambulanze. “Ci chiediamo: essere madre è davvero una colpa? Come sindacato, riteniamo che ogni lavoratrice, indipendentemente dalla propria condizione familiare, debba avere pari opportunità di carriera, senza essere penalizzata per la propria maternità. La decisione della Fondazione Catis, che gestisce il servizio ambulanze in convenzione con la Ausl di Bologna, appare non solo ingiusta, ma anche fortemente discriminatoria”, sostiene il sindacato, che potrebbe, su mandato della lavoratrice, ricorrere alle via legali.
“Se la motivazione dietro questa scelta è la presunta difficoltà nel conciliare il lavoro con le esigenze familiari, riteniamo che si tratti di un atteggiamento retrogrado che non può trovare spazio nel 2024”, denuncia la Funzione pubblica della Cgil. “Invitiamo la Fondazione a rivedere immediatamente questa decisione e a garantire a tutte le madri lavoratrici un trattamento equo e rispettoso”, è la richiesta del sindacato. Intanto, anche i colleghi hanno avviato una raccolta firme a favore della lavoratrice.
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