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Libano, il governo spera in un cessate il fuoco di sessanta giorni

MondoLibano, il governo spera in un cessate il fuoco di sessanta giorni

ROMA – Un cessate il fuoco di sessanta giorni in Libano sarebbe questione di giorni, forse ore: a esprimere ottimismo con l’emittente televisiva Al Jadeed è il ministro uscente Najib Mikati, che ieri sera ha avuto un colloquio privato con Amos Hochstein, uno dei due funzionari di alto livello arrivati in Israele ieri per incontrare le autorità di Tel Aviv. Mikati riferisce che una bozza di accordo “è già definita” e sta circolando sui media israeliani. Ha poi aggiunto che un’intesa dovrebbe arrivare “prima della fine del mese e prima del 5 novembre”, data dell’Election day.

A cinque giorni dalle elezioni presidenziali americane, infatti, Hochstein e Brett McGurk, come ha confermato il Dipartimento di Stato americano, sono arrivati ieri in Israele per discutere con il governo di Tel Aviv i termini per una “soluzione politica” per porre fine “con ogni mezzo al conflitto” con Hezbollah, in Libano, nonché con Hamas, nella Striscia di Gaza. Da quando Israele ha lanciato l’offensiva sull’enclave palestinese e il Paese frontaliero, si contano oltre 45mila vittime. L’accordo con in Libano si fonderebbe sull’applicazione della risoluzione 1701 del 2006 del Consiglio di sicurezza che prevede il completo disarmo dell’ala militare del partito politico Hezbollah nel sud del Libano. Solo l’esercito libanese e la missione Unifil avrebbero diritto a operare. Sussistono però dubbi, in quanto l’esercito libanese non è attrezzato a prendere il posto di Hezbollah, e necessita di molti investimenti ed armamenti, mentre i caschi blu di Unifil hanno subito già numerosi attacchi da parte delle forze di Israele.

Secondo la testata Haaretz però, dal ministro della Difesa Difesa Yoav Gallant ad alti esponenti dell’esercito, tutti sarebbero favorevoli a porre fine al conflitto sui due fronti, sostenendo che “la missione è stata compiuta”. A frenare, sempre secondo l’analisi della testata israeliana, sarebbe il primo ministro Benjamin Netanyahu, che invece spingerebbe per mantenere operative le truppe. Interrogato dai cronisti sul punto, il portavoce della Casa Bianca, Sean Savett, ha detto: “Stanno circolando vari resoconti e bozze, ma non riflettono lo stato attuale dei negoziati”. Naim Qassem, il nuovo leader di Hezbollah, ha detto che il partito non accetterà nessun accordo se prima “Israele non porrà fine alla sua aggressione”, e che l’accordo avverrà sulla base di “condizioni che ritterremo idonee. Non imploreremo un cessate il fuoco”, ha chiarito. In Libano intanto l’esercito israeliano ha emesso ordinanze di evacuazione immediata per dieci località nei pressi di Tiro e Nabatyeh, più a nord, contro cui da giorni si concentra l’offensiva. Avichay Adraee, portavoce dell’esercito israeliano, su X ha scritto che chi non rispetterà l’ordine, “richierà di essere ucciso”, aggiungendo che ai residenti “è proibito andare verso sud. Ogni movimento potrà essere pericoloso per la vita”.

A pagare il costo del conflitto sono soprattutto i bambini: il Ministero della Sanità libanese fa sapere che dall’ottobre 2023 sono stati uccisi 166 bambini, mentre almeno 1.168 sono stati feriti. La direttrice generale dell’Unicef Catherine Russell in una nota di oggi avverte: “Dal 4 ottobre di quest’anno, ogni giorno almeno un bambino è stato ucciso e 10 feriti. Altre migliaia che sono sopravvissuti fisicamente indenni ai continui bombardamenti di questi mesi, sono ora fortemente angosciate dalla violenza e dal caos che li circonda. I minori in tutto il Libano mostrano allarmanti segni di disagio emotivo, comportamentale e fisico. Le squadre dell’Unicef hanno incontrato bambini attanagliati da una paura opprimente e da un’ansia crescente, tra cui ansia da separazione, paura della perdita, isolamento, aggressività e difficoltà di concentrazione. Molti- avverte ancora la direttrice generale di Unicef- hanno il sonno disturbato, sono tormentati da incubi, mal di testa e perdita di appetito. Privati della sicurezza, della stabilità e del sostegno offerti dalla scuola, molti di questi bambini sono lasciati senza gli spazi di cui hanno bisogno per giocare, imparare e guarire”.

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