ROMA – Più di 40.000 persone si sono riversate per le strade di Wellington, la capitale della Nuova Zelanda, per protestare contro la proposta dei partiti conservatori di modificare il trattato fondativo della nazione ed estendere a tutti i cittadini neozelandesi i diritti che il trattato garantisce ai nativi maori. Oggi è stato l’ultimo giorno della hikoi (che in lingua Maori significa ‘lungo viaggio’), la ‘protesta pacifica’ iniziata nove giorni fa a Capo Reinga e arrivata questa mattina nella capitale, mille chilometri più a sud. Il corteo pacifico diretto verso il Parlamento era pieno di bandiere rosse, bianche e nere, ed è stato animato da canti e danze Haka. Anche il sindaco della città si è unito alla protesta.
Incredible scenes. We must be united to fight against bigotry. Seymour and his bill must not see the light of day. #ToitūTeTiriti pic.twitter.com/rz2Dfspt18
— The Noisy Immigrant (@noisyimmigrant) November 19, 2024
Il trattato fondativo di Waitangi (in maori Te Tiriti) fu firmato il 6 febbraio 1840 a Waitangi, appunto, da un rappresentante dell’Impero Britannico, e da circa quaranta capi delle tribù maori: definì le relazioni politiche tra il governo della Nuova Zelanda e la popolazione maori, e soprattutto, riconobbe il diritto ai maori di mantenere le loro terre e di godere degli stessi diritti dei cittadini britannici.
Il partito di destra ACT, nella persona del leader del partito di origine maori David Seymour, ha proposto la modifica (che difficilmente diventerà legge), sostenendo che le interpretazioni del testo abbiano nel tempo creato uno squilibrio a favore della comunità maori. “Questa non è la Nuova Zelanda che vogliamo e che i bambini abbiano. Vogliamo che crescano con amore, con pace, speranza e gioia, e penso che sia per questo che sono qui in definitiva, per mostrare loro che possiamo farcela”, ha detto uno dei manifestanti.
Si ritiene che la Hikoi mo te Tiriti (la Marcia per il trattato) sia stata la marcia più grande nella storia di Wellington, più grande dell’hikoi sulla spiaggia e sui fondali marini del 2004 e molto più grande della protesta e dell’occupazione anti-mandato del 2022.
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