ROMA – Giù il sipario sul congresso Siut Lazio che si è svolto nei giorni scorsi a Castel Gandolfo e che ha radunato, a scopi formativi, numerosi specialisti urologi ma anche medici di medicina generale. “Al centro della discussione il tumore della prostata e l’importanza di un approccio multidisciplinare grazie all’intervento contemporaneo dell’urologo, dell’oncologo, del radiologo ed del radioterapista. Ma non solo, la giornata formativa ha affrontato anche il tema della gestione ambulatoriale delle più comuni complicanze del tumore prostatico come il deficit erettile e l’incontinenza, sottolineando come il territorio possa essere un valido supporto all’ospedale”. A dirlo, raggiunto telefonicamente dall’agenzia di stampa Dire, è il dottor Marco Musy, urologo, Presidente scientifico del Convegno e delegato Siut Lazio.
“Abbiamo parlato di prostata in tutte le sue sfaccettature a partire dalla patologia tumorale– ha spiegato l’esperto- che maggiormente interessa la popolazione maschile dai 50 anni in su. Nonostante le numerose campagne di sensibilizzazione e inviti ad aderire agli screening molti uomini ancora oggi, per un retaggio culturale, non aderiscono e non si sottopongono ad una visita urologica sottovalutando i rischi poichè credono di subire una ‘sorta di violazione’ visto che in visita è necessario sottoporsi a indagine rettale”.
E poi aggiunge Musy: “Si è parlato anche di ipertrofia prostatica e di prostatiti e disturbi annessi. Su tutti la difficoltà ad urinare che a volte impone al paziente di doversi alzare la notte più volte, sottoporsi a trattamenti farmacologici (garantiti dal nostro sistema sanitario nazionale) oppure, in casi selezionati, si ha la possibilità di optare per i fitofarmaci con azione antinfiammatoria. Questo tipo di trattamento è rivolto ai pazienti più giovani con disturbi urinari non marcati e rinviabili successivamente a terapia stabile di tipo ‘tradizionale’”.
Si abbassa l’età dei pazienti che si recano dall’urologo. “Tendenzialmente l’ipertrofia prostatica colpisce gli uomini dopo i 45 ma ci posso essere delle forme infiammatorie diagnosticate già a partire dai 30 anni e che sono legate piuttosto all’attività sessuale con conseguente stato irritativo locale. Visto le ricadute che possono esserci sulla sfera sessuale oggi da problema dal singolo si è ‘spostato’ sulla coppia e l’urologo non colloquia più con il solo paziente ma con i partner”, conclude Musy.
L’articolo In coppia dall’urologo, l’esperto avverte: “Più infiammazioni legate all’attività sessuale, anche per i giovani” proviene da Agenzia Dire.
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