ROMA – “È una decisione storica, prima di tutto per le vittime palestinesi, ma anche perché per la prima volta si pone fine all’impunità di cui godono dal 1948 i vertici del governo e delle forze armate israeliane. Inoltre limita la capacità di Netanyahu di agire come primo ministro di Israele”.
Commenta così per l’agenzia Dire Triestino Mariniello, docente di diritto internazionale all’Università di Liverpool, la decisione odierna della Corte penale internazionale di spiccare un mandato d’arresto internazionale a carico del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Yoav Gallant per crimini di guerra e crimini contro l’umanità presumibilmente commessi nella Striscia di Gaza tra l’8 ottobre 2023 e il 20 maggio 2024.
Ad oggi, l’offensiva continua, e proprio in queste ore è stata superata la quota dei 44mila morti.
Mariniello, che è anche il rappresentante legale presso la Corte penale delle vittime di Gaza uccise o ferite nella cosiddetta “marcia del ritorno” che ebbe luogo tra il 2018 e il 2019, evidenzia ancora: “È una sentenza storica per le vittime palestinesi perché hanno nella Corte dell’Aia l’unico organismo di tutela disponibile. Ma è storica per la Corte stessa perché assunta in un clima di minacce e pressioni politiche esercitate da stati potenti come gli Stati Uniti o Israele stesso.
E poi”, prosegue, “per le organizzazioni per i diritti umani palestinesi, che dal 2009 collaborano con la Corte fornendo documentazione e trasferendo prove all’Ufficio della Procura per certificare i crimini. Infine, è una decisione storica per chiunque creda nella giustizia a prescindere dalla nazionalità di chi è responsabile dei crimini”.
LA CORTE PENALE INTERNAZIONALE
La Corte penale internazionale (Cpi) è un tribunale internazionale delle Nazioni Unite istituito nel 2002 tramite lo Statuto di Roma, con sede nella città olandese dell’Aia, e ha mandato per giudicare singoli individui accusati di crimini di guerra, crimini contro l’umanità, crimini di genocidio e crimini di aggressione. Allo Statuto di Roma hanno aderito 125 Paesi nel mondo.
LE CONSEGUENZE
Cosa accade ora? “I 125 Paesi membri della Corte”, replica Mariniello, “hanno ora l’obbligo giuridico di implementare questi mandati di arresto. Questo significa che se Netanyahu o Gallant dovessero entrare in uno di questi Paesi, le forze dell’ordine di tali Stati avrebbero l’obbligo di arrestarli e trasferirli all’Aia. È prevedibile che questo non avverrà nel breve peridio- argomenta il giurista- però da subito limiterà la capacità di Netanyahu di agire in qualità di primo ministro israeliano”.
Gallant infatti, al momento ha perso la carica di ministro della Difesa, poiché di recente è stato deposto dall’incarico proprio dal premier.
Inoltre, continua il docente, “è probabile che da gennaio 2025 l’amministrazione Trump imporrà sanzioni contro la Cpi”, come già aveva fatto nel 2020 il presidente nel corso del suo primo mandato alla Casa Bianca, quando la Corte manifestò la volontà di indagare per i presunti crimini commessi da funzionari e militari degli Stati Uniti in Afghanistan. Azioni che per Mariniello, hanno il sapore della “minaccia, che però non ha fermato i giudici della Cpi dall’andare avanti”. Inoltre, la decisione avrà un impatto sia a livello nazionale che internazionale.
“Nazionale- spiega il docente- perché darà il via a una serie di casi contro altri cittadini israeliani, in particolare contro cittadini con doppia nazionalità, sospettati di aver commesso crimini analoghi”. Questo potrebbe riguarda “anche cittadini italiani”, come evidenzia Mariniello.
Inoltre, continua, “tale decisione è importante perché avrà rilevanza anche in altri procedimenti non strettamente penali, in merito ad esempio ai procedimenti che puntano a fermare il trasferimento di armi a Israele, dal momento che la Corte afferma ci siano ‘fondati motivi’ per ritenere che tali crimini di guerra e contro l’umanità siano stati commessi da Netanyahu e Gallant”.
Infine, “potrebbe avere un impatto anche sul procedimento in corso presso la Corte internazionale di Giustizia (Icj)”, il secondo e più longevo tribunale internazionale delle Nazioni Unite, sempre con sede all’Aia, che dirime controversie tra Stati. Subito dopo l’avvio dell’offensiva militare israeliana su Gaza, il Sudafrica ha denunciato Israele all’Icj per genocidio.
“Sebbene nelle sue motivazioni la Corte penale non parli esplicitamente del crimine di genocidio- evidenzia l’esperto- afferma però che ci sono elementi sufficienti per sostenere che i due leader israeliani abbiano usato intenzionalmente la fame come arma di guerra”.
Un elemento che andrà a rafforzare le motivazioni dell’accusa di genocidio al processo in corso all’Icj contro Israele.
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