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“I femminicidi sono solo la punta dell’iceberg di una cultura diffusa”. E il 70% dei violenti “ha le chiavi di casa”

Mondo“I femminicidi sono solo la punta dell’iceberg di una cultura diffusa”. E il 70% dei violenti “ha le chiavi di casa”

BOLOGNA – “Tutti dobbiamo avere molto chiaramente presente cos’è la violenza maschile contro le donne, perchè rischiamo di identificarla in modo esclusivo con le forme più eclatanti, come i femminicidi. Va benissimo dare risalto e visibilità a questi fenomeni così drammatici, affinchè diventino occasione per sensibilizzare e aumentare il dibattito pubblico, ma al tempo stesso dobbiamo avere chiaro che questo rappresenta la punta dell’iceberg di una modalità di relazionarsi del maschile con il femminile, uso in modo intenzionale questi termini, che è assolutamente diffusa”. Lo sottolinea Paolo Ballarin, fondatore e co-presidente di Senza violenza, uno dei centri che a Bologna offrono percorsi trattamentali agli uomini autori di violenza.

GLI UOMINI VIOLENTI SI MUOVONO IN “UNA CULTURA E UNA MODALITÀ DIFFUSA: IL PATRIARCATO”

“La nostra idea è che il comportamento di ogni uomo che agisce in modo visibile ed eclatante una violenza contro una donna- continua Ballarin- è radicato in una cultura, in una modalità diffusa e strutturale che continuiamo a chiamare patriarcato. E continuiamo a pensare che questo concetto abbia senso nel dibattito pubblico e operativo, quindi occorre considerarsi in ogni caso, ciascuno e ciascuna di noi, parte del problema”.

“IL 70% DEGLI UOMINI VIOLENTI HA LE CHIAVI DI CASA”

Anche i numeri, aggiunge Ballarin, parlano chiaro. “Noi abbiamo un 31% di coniugi, un 17% di conviventi, un 5,5% di fidanzati e un 16,5 % di ex partner”, riferisce il co-presidente dell’associazione: “Vuol dire che il 70% degli uomini che commettono azioni violente sono uomini che hanno le chiavi di casa”, mentre “gli sconosciuti sono meno del 3% e quindi anche nella rappresentazione pubblica occorre che questo dato lo teniamo molto ben presente”.

100 UOMINI IN LISTA D’ATTESA E QUELLE SCELTE DIFFICILI

Intanto, negli anni l’attività del centro è significativamente aumentata e “oggi abbiamo una lista d’attesa che supera le 100 persone, vuol dire che dal momento in cui un uomo prende contatto per avviare un percorso trattamentale al momento in cui il percorso vero e proprio comincia- spiega Ballarin- passano circa un anno e mezzo o due”. Una condizione difficile perchè, nonostante la “collaborazione fattuale” e il sostegno economico garantito dal Comune, “avere una lista di attesa di 100 persone vuol dire avere- sottolinea Ballarin- una montagna addosso, essere continuamente impegnati a stabilire delle priorità rispetto a una lista che, ovviamente, non può andare semplicemente per data di richiesta. Noi dobbiamo fare delle valutazioni di rischio e dare assoluta priorità alle situazioni in cui possono esserci delle recidive e alle situazioni di pericolo per l’incolumità della partner o dell’ex partner, quindi abbiamo bisogno che venga riconosciuto il valore importante di questa azione”.

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