Napoli, città ricca di storia, arte e misticismo, ha tra i suoi tesori culturali il Museo del Tesoro di San Gennaro, situato all’interno del Duomo di Napoli e famoso per custodire, oltre ad alcuni dei capolavori artistici più preziosi d’Italia, anche il sangue e le reliquie di San Gennaro.
Questo luogo, fino al 25 gennaio, si arricchisce ulteriormente con la mostra di Giulia Piscitelli, “Una Nuvola Come Tappeto”.
L’esposizione è strutturata in tre gruppi di opere, a cui si aggiunge un omaggio al Santo Patrono esposto per la prima volta, le quali offrono ai visitatori prospettive comuni: l’incontro tra il reale e il divino, quello tra tradizione e contemporaneità e quello tra passato e presente. A questi si aggiunge “l’espressione artistica’’, intesa come messaggio di riflessione sociale e politica, oggi particolarmente urgente e necessaria, in un epoca storica in cui popoli, culture e religioni sonni grande conflitto.
Accoglie i visitatori, partendo dalla Real Cappella, l’installazione “Una Nuvola Come Tappeto”, titolo tratto dal testo di Erri De Luca, che traduce dall’ebraico il versetto 39 del Salmo 105 «dove si canta Dio che guida gli Ebrei nel deserto».
Il lavoro è composto di 21 inginocchiatoi cattolici, arredi lignei liturgici, posizionati lungo tutto il percorso di visita, come un filo conduttore della mostra.
Gli inginocchiatoi sono realizzati partendo da un modello precedente nel Duomo di Napoli e sono rivestiti da colorati tessuti di tappeti per la preghiera musulmana. Un’opera che unisce le tre grandi religioni monoteiste.
Il secondo lavoro è esposto al centro della sala nella Sacrestia, intitolato “Planeta” ed è realizzata con tessuto kevlar in colore giallo oro, ricavato da un giubbotto antiproiettile. L’opera è composta da oltre cento pezzi cuciti insieme che definiscono una forma ellittica con un esplicito riferimento alla veste liturgica di una planeta sacerdotale.
L’oro lo si trova anche nel progetto delle aureole sulle mappe, che l’artista napoletana definisce «campi ecologici (eco-field) dell’animo», risultato di una ricerca da lei compiuta sulla connessione tra terra e cielo, tra reale e divino.
La parte reale è fornita dalle scale di riduzione delle carte geografiche usate come supporto dell’opera, mentre la parte divina è data dalle scale di riduzione stabilite dall’artista, di opere d’arte storiche scelte per le mappe selezionate. La Piscitelli riproduce sulle mappe soltanto le aureole delle figure rappresentate nelle opere antiche, realizzando dei cerchi con la tecnica della foglia oro come le originali, sovrapponendole alle carte geografiche.
Così i protagonisti delle opere di Giulia Piscitelli vengono rappresentati nell’assenza dei loro corpi, nella loro condizione aurea. La posizione dei cerchi d’oro potrebbero ricordare le postazioni di un attacco militare, o all’opposto, anche un paesaggio pieno di risorse ancora da esplorare. L’aureola è un elemento iconografico utilizzato fin dai tempi più antichi, e non solo nella storia cristiana, come dimostrato dall’esempio proveniente dalla città di Palmira in Siria, con le tre divinità Baalshamin, Aglibol e Malakbel.
A concludere il percorso espositivo è “Naso”, esposta per la prima volta, in omaggio a San Gennaro nel luogo a lui dedicato. Come dice il titolo, l’opera consiste in un naso realizzato in gesso dorato, che racconta un’antica leggenda, ma non solo: raffigura il naso della Piscitelli stessa, ingrandito e modellato, derivato da un autoritratto concepito dopo un incidente doloroso, quasi come fosse un ex voto dedicato al Santo Patrono.
La leggenda cui fa riferimento l’opera racconta che i corsari saraceni, con un colpo di scimitarra, hanno tagliato il naso al busto marmoreo di San Gennaro, custodito nel convento dei Cappuccini di Pozzuoli.
Secondo la storia, i fedeli ordinarono a diversi scultori la realizzazione d’un nuovo naso, ma nessuno dei proposti riuscì ad attaccarsi al viso mutilo. Nel frattempo, numerosi pescatori si trovarono più volte nelle reti un pezzo di marmo dalla forma strana che, scambiato per un semplice sasso veniva rigettato in mare. Fu uno di loro a riconoscere in quella pietra la forma di un naso e la portò in chiesa dove, secondo la leggenda, il sasso volò dalle mani del pescatore per tornare al suo posto originale.
La mostra è accompagnata dal catalogo pubblicato da D’Uva in italiano e inglese, introdotto da un testo di Erri De Luca ripreso dal suo libro Una Nuvola Come Tappeto (Feltrinelli, 1991), cui sono ispirati il titolo dell’esposizione e uno dei lavori presentati. La pubblicazione raccoglie l’intervento dello storico e critico d’arte Stefano Chiodi, insieme ai testi di Mons. Vincenzo De Gregorio Abate della Real Cappella del Tesoro di San Gennaro e Francesca Ummarino direttrice del Museo del Tesoro di San Gennaro, corredato dalle fotografie di Amedeo Benestante.
Adriana Talia
*Ph. Amedeo Benestante