Continua il progetto “Vitalità del Tempo”, a cura di Luca Massimo Barbero, per mostrare i lati inediti della collezione della Banca Intesa Sanpaolo. Ed è in questo ambito che si inserisce l’esposizione dedicata al padre della Pop Art: “Andy Warhol. Triple Elvis”.
Aperta al pubblico fino al 16 febbraio 2025, l’esposizione consente di scoprire l’evoluzione dell’artista americano tra gli anni Sessanta e Settanta. Fulcro della mostra sono tre cicli grafici cardine per la carriera di uno degli artisti più influenti del XX secolo, riuniti per la prima volta: “Marilyn”, “Mao Tse – Tung” e “Eletric Chairs”. Questi capolavori provengono dalla Collezione Luigi e Peppino Agrati, importante raccolta d’arte contemporanea formata tra gli anni Sessanta e Ottanta del Novecento e confluita, grazie al lascito del Cavalier Luigi Agrati, nel patrimonio storico-artistico tutelato e valorizzato da Intesa Sanpaolo.
La mostra dossier parte dall’opera Triple Elvis del 1963, anno in cui, in occasione della mostra dedicata agli “Elvis Paintings” alla Ferus Gallery di Los Angeles, Warhol lavora per la prima volta alla ripetizione dell’immagine. A quel periodo risalgono le prime opere con personaggi che l’artista stesso definisce “famosi”. L’Elvis di Warhol è ispirato a un fotogramma del film Flaming Star, in cui la star è ritratta in abiti da cowboy, con una pistola puntata verso lo spettatore e, insieme con la serie delle “Silver Liz”, l’opera appartiene ai cosiddetti “silver paintings”, i cui primi esempi sono un gruppo di Electric chairs e il nucleo di dipinti intitolato “The tunafish disaster”, soggetti direttamente connessi con le tematiche della morte.
L’esposizione apre con due cicli di opere grafiche, la serie di 10 serigrafie a colori “Electric Chairs” del 1971, dove l’immagine di una sedia elettrica è icona politica ma anche mezzo per riflettere sull’umanità e sulla morte, e le 10 serigrafie in cui l’artista, attraverso l’uso deciso del colore, mostra il ritratto di Mao, eseguite nel 1972, anno del celebre viaggio di Nixon in Cina. Le opere dedicate al dittatore cinese hanno una pittoricità acuita, trasformando il nemico del sistema capitalistico in un inoffensivo elemento decorativo.
Nella stessa sala dedicata al capolavoro “Triple Elvis”, è presente un ’altra serie universalmente celebrata e riconosciuta: quella delle “Marylin”, del 1967. Divenuta emblema dell’artista, come il ritratto di Liz Taylor, anche quello di Marilyn s’inserisce nella tematica che riguarda la morte. L’immagine finale è che una combinazione di inchiostri colorati, un volto artificiale e contraffatto, che da l’impressione di vita svuotata.
In mostra anche un ritratto di Warhol del 1973, una piccola e delicata opera fotografica di Duane Michals, fotografo americano, in cui l’artista appare e scompare. Tre fotografie in bianco e nero disposte in verticale e sulle quali è ripetuto il ritratto a mezzo busto di Warhol. Nella prima Nella prima fotografia in alto, il volto dell’artista, che ha gli occhi sgranati in segno di paura e rapimento e le labbra socchiuse, è delineato con precisione in tutti i dettagli fisionomici; nelle immagini successive, invece, il capo di Warhol appare sfocato e in movimento, fino a “impastarsi” completamente, diventando una semplice sagoma e a non essere in alcun modo riconoscibile nell’ultimo scatto.
L’esposizione si conclude con due piccoli “Vesuvius”, serie dedicata al Vesuvio, simboli di forza e distruzione, entrambi dell’1985, che simboleggiano il legame, l’amore che il maestro aveva con Napoli, nato grazie alla sua collaborazione con il gallerista napoletano Lucio Amelio. L’arista fu uno dei primi ad accorrere nel momento drammatico del 1980, e realizzò la serie “Fate Presto”, in cui la prima pagina de “Il Mattino” pubblicata il 26 novembre 1980, tre giorni dopo il terremoto, è stata reinterpretata in chiave Pop Art. L’opera esortava a un tempestivo intervento a soccorso delle vittime del sisma, concentrando l’attenzione sull’emergenza e sull’urgenza, sui suoi risvolti sociali e stimolando la riflessione.
L’idea della mostra nasce dalla volontà di celebrare un uomo che è divenuto un mito, che a sua volta ha impresso i miti sulle sue tele, in un territorio che ama i miti.
Parte dello stesso ciclo di “Andy Warhol. Triple Elvis” sono le sei sale allestite, sempre al secondo piano delle Gallerie d’Italia di Napoli, in cui è possibile ammirare opere di importanti artisti dalla fine degli ‘40 agli anni ‘90 del Novecento tra cui Fontana, Kounellis, Boetti e Sol Lewitt.
Il museo di Napoli, insieme a quelli di Milano, Torino e Vicenza, è parte del progetto museale Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo, guidato da Michele Coppola, Executive Director Arte, Cultura e Beni Storici della Banca.
Adriana Talia