ROMA – Un collegio di cinque giudici ha condannato Dominique Pelicot a 20 anni di carcere (il massimo della pena, in Francia) per lo stupro aggravato di Gisèle Pelicot, la moglie che per anni ha stordito e fatto stuprare da altri uomini. Pelicot è stato anche dichiarato colpevole di aver realizzato e distribuito immagini sessuali della figlia adulta Caroline e delle mogli dei suoi figli.
Giudicati colpevoli tutti i 51 imputati: 47 di loro colpevoli di stupro, due di tentato stupro e due di violenza sessuale. L’accusa aveva chiesto dai 10 ai 18 anni di carcere. Jean-Pierre M., accusato di aver violentato la moglie utilizzando lo stesso modus operandi di Dominique Pelicot, è stato condannato a 12 anni. L’accusa aveva chiesto 17 anni di prigione. Nel complesso, gli imputati sono stati condannati a pene inferiori rispetto a quelle richieste dal pubblico ministero in sede di requisizione.
Al suo arrivo tra i fischi della folla accorsa fuori dal tribunale del dipartimento di Vaucluse, ad Avignone, uno degli uomini accusati di aver violentato Gisèle Pelicot, ha mostrato il dito alla gente.
Oltre 20 altri sospettati risultano ancora latitanti, gli inquirenti non sono riusciti a identificarli prima dell’inizio del processo.
“È con profonda emozione che vi parlo oggi – ha commentato Gisèle Pelicot – Questo processo è stato un calvario molto difficile. E in questo momento penso innanzitutto ai miei tre figli, David, Caroline e Florian. Penso anche ai miei nipoti, perché loro sono il futuro, ed è anche per loro che ho condotto questa lotta, così come alle mie nuore, Aurore e Céline. Penso anche a tutte le altre famiglie colpite da questa tragedia. Penso infine alle vittime non riconosciute, le cui storie spesso restano nell’ombra. Voglio che sappiate che condividiamo la stessa lotta”. “Aprendo le porte a questo processo il 2 settembre, volevo che la società potesse comprendere i dibattiti che vi si sono svolti. Non mi sono mai pentita di questa decisione. Ora ho fiducia nella nostra capacità di cogliere collettivamente un futuro in cui tutti, donne e uomini, possano vivere in armonia, con rispetto e comprensione reciproca”.
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