I gestori dei chioschi sequestrati: “Non siamo tutti abusivi. Già aver perso gli incassi stagionali peserà per il resto dell’anno. Chiudere per sempre sarebbe tragedia”
C’è un po’ meno Napoli in questa torrida estate, almeno in quelle abitudini, di autoctoni e turisti, consolidatesi nel tempo fino a diventare veri e propri costumi che caratterizzano luoghi specifici della città conferendogli unicità ed inequivocabilità. Nella realtà e nell’immaginario collettivo.
Taralli e birra sugli scogli. Era questa, almeno fino a poco tempo fa, la cartolina tipica di Mergellina e di tutto il lungomare della città che ora, se non proprio strappata e ridotta a brandelli, è stata riposta logora, consunta e sbiadita nei bauli dei ricordi. Si spera di non quelli perduti.
Sono stati chiusi e posti sotto sequestro dalla Polizia Locale, su disposizione della Procura, la quasi totalità dei chioschi tra Mergellina e la Rotonda Nazario Sauro, anche quelli storici che avrebbero dovuto rientrare nel progetto di riqualifica del lungomare del Comune.
Tutto è iniziato con dei controlli e il sequestro di qualche chalet a Mergellina i cui gestori si erano macchiati di sversamento illecito in mare e di occupazione abusiva di suolo pubblico. Ora sono ben 20 gli esercizi chiusi “perché non erano autorizzati ad avere installazioni fisse”.
Le irregolarità contestate comprendono anche la mancanza delle necessarie autorizzazioni. In particolare, tra le violazioni figurano l’assenza dell’autorizzazione paesaggistica, prevista dal decreto legislativo 42 del 2004, che è obbligatoria per la Soprintendenza ai Beni Culturali, oltre ai permessi per costruire e alle autorizzazioni per l’occupazione permanente di suolo, considerata abusiva.
Ora c’è da chiedersi se il motivo di tale operazione sia davvero una mossa per contrastare l’abusivismo radicato – cosa giusta e legittima – o piuttosto un voler far spazio al progetto del Comune, avallato dagli operatori turistici, che prevede l’installazione sulle scogliere, tra Via Partenope e Via Caracciolo, di piattaforme sulle quali saranno presenti anche dei chioschi da affidare in gestione. E qui la domanda sorge spontanea: in questo caso non verranno violati i vincoli paesaggistici?
Quel che è certo è che il lungomare è pronto a cambiar pelle e a vestirsi di nuovi abiti, eleganti, sfarzosi e lussuosi. Nuove vesti regalate non solo dal progetto delle piattaforme ma anche da quello di Afina (Associazione Filiera Italiana Della Nautica) che è pronta ad investire 10 milioni di euro per ampliare il porto di Mergellina incrementando così il turismo di diportisti ed elevando il potere spendente medio dei visitatori.
Ma è davvero improbabile far coesistere il volto nuovo e quello vecchio di Napoli? È quello che chiedono i gestori dei chioschi sequestrati che si sono rivolti ai consiglieri comunali chiedendo la possibilità, lì dove è necessario, di regolarizzare la propria situazione. In consiglio comunale è stato approvati un ordine del giorno per “la creazione di un nuovo Piano di regolamentazione dei chioschi e delle edicole”: i chioschi sul Lungomare di Napoli potranno tornare, ma dovranno rispettare delle regole, niente più abusi, scarichi a mare illegali e assenza di autorizzazioni.
Intanto, nel frattempo che la situazione possa trovare una risoluzione, la titolare del chiosco alla Rotonda Armando Diaz , Sabrina Sigillo, ha lanciato una petizione on-line : https://chng.it/b2MGWKPs7Z.
«Dietro ogni chiosco c’è una storia» – si legge nell’appello – «c’è una famiglia e ci sono tanti sacrifici ma adesso i chioschi del lungomare di Napoli rischiano di scomparire a causa delle decisioni del Comune di rimuoverli. Questi chioschi non sono semplici strutture commerciali; sono il cuore pulsante della nostra comunità, luoghi di incontro, storia e tradizione che fanno parte dell’identità napoletana.
Nonostante siano stati etichettati come “abusivi” i chioschi operano in piena legalità, è stato infatti il comune ad assegnare i posti ai chioschi e a progettare le strutture garantendo fossero conformi al paesaggio. I proprietari dei chioschi pagano le tasse dovute, comprese quelle per l’occupazione del suolo pubblico. Questa classificazione dei chioschi come abusivi è quindi del tutto infondata e danneggia attività legittime»
Un danno culturale e storico ma anche economico, per i gestori delle attività. «Ci sono tante famiglie che vanno avanti con questi chioschi» – ci spiega la Sigillo – «chiuderli significa farli andare in mezzo ad una strada. Già il danno arrecatoci è enorme, chiudere in piena estate significa rinunciare agli introiti che ci avrebbero permesso di sopperire alla penuria invernale e di sopravvivere. Chiudere in maniera definitiva sarebbe una tragedia».
Napoli ha sì bisogno di un nuovo slancio turistico, economico ed organizzativo ma ciò non obbliga a scacciare chi con birra e taralli ci viveva, ci sognava, si regalava un pezzo di napoletanità, senza abusi, inciviltà e preopotenze.
Fabio De Rienzo