Silvestro (FI): “Con nuovo decreto Lavoro incentivi per assunzioni”
Gualmini (Pd): “Italia si adegui a norma europea su salario minimo”
Mascaretti (FdI): “Sostenere aziende a mantenere produzioni in Italia”
Barzotti (M5s): “Stop incentivi a lavoro precario”
“Le misure che dobbiamo adottare per evitare che la flessibilità si trasformi in instabilità ci impongono di affrontare nuove sfide nel mondo del lavoro, soprattutto per i giovani. Non possiamo permetterci di restare indietro rispetto al costante sviluppo del mercato internazionale.
Il nuovo decreto lavoro a cui stiamo lavorando ci consentirà di favorire l’occupazione regolare, sarà un volano per le imprese e, soprattutto, sarà una misura molto efficace per arginare il drammatico fenomeno del lavoro nero, che in Italia esiste ancora ed è fortemente radicato sul territorio”.
Lo ha confermato Francesco Silvestro (Forza Italia), segretario della Commissione Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare a Palazzo Madama, nel corso del webinar “Aumenta l’occupazione ma il 79,3% dei nuovi contratti è a tempo determinato. Il lavoro c’è ma è precario”, promosso da Cassa di previdenza dei ragionieri ed esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca.
“Queste riforme devono essere messe in atto per far ripartire lo sviluppo e l’occupazione in modo unitario in tutta Italia. Sono convinto che seguendo questa strada si possa recuperare il ritardo rispetto alla globalizzazione dell’industria e, in particolare, del lavoro. Aumentando finalmente il numero di posti di lavoro adeguatamente formati, anziché precari, possiamo ottenere risultati importanti”.
Secondo Elisabetta Gualmini (eurodeputata del Pd in Commissione per l’occupazione e gli affari sociali e Vicepresidente del Gruppo Alleanza progressista Socialisti e Democratici a Bruxelles) “È necessario adottare misure per combattere la precarietà. La buona notizia è che l’occupazione è cresciuta negli ultimi mesi, per questo i nuovi posti di lavoro devono essere contratti a lungo termine anziché a tempo determinato.
Occorre quindi incentivare le aziende e i datori di lavoro ad assumere persone su base più lunga e stabile. Oltre agli incentivi fiscali, ritengo importante anche il salario minimo. Si tratta di una misura già adottata in Europa. Esiste già una direttiva europea in materia, che i Governi nazionali sono tenuti ad attuare entro un anno. Purtroppo, in Italia, negli ultimi 30 anni i salari sono diminuiti troppo rispetto agli altri Paesi europei.
Inoltre, l’inflazione ha ridotto il potere d’acquisto, soprattutto delle persone socialmente vulnerabili. Stabilire dei salari minimi per legge, in accordo con i salari minimi già stabiliti nei contratti collettivi di ogni settore, è una cosa che va attuata, ha sostenuto Gualmini. Se togliamo alle giovani generazioni l’aspettativa di un progetto di vita, le chiudiamo in uno stato di incertezza”.
Per quanto riguarda la maggioranza di Governo, Andrea Mascaretti (deputato di Fratelli d’Italia Commissioni Bilancio e Lavoro a Montecitorio) ha dichiarato: “Dobbiamo fare in modo che i loro settori produttivi rimangano in Italia. Per farlo, dobbiamo migliorare il sistema fiscale, attualmente molto elevato, e ridurre la burocrazia. E bisogna intervenire sulle competenze della forza lavoro.
La sicurezza del posto di lavoro è direttamente proporzionale al livello di competenze acquisite e agli stessi aggiornamenti formativi. I contratti flessibili consentono ai lavoratori di trovare costantemente nuovi posti di lavoro con salari più alti” – continua Mascaretti.
In situazioni in cui i mercati non funzionano e le aziende cercano di espandersi all’estero a causa delle pressioni burocratiche e fiscali, il terreno in cui la precarietà può attecchire è molto fertile. Con il nuovo decreto lavoro, che è stato approvato dal Senato ed è ora in fase di approvazione alla Camera dei Deputati, vogliamo incidere sulle competenze e sulla formazione continua affinché i lavoratori possano trovare maggiore stabilità”.
Critica l’opposizione con Valentina Barzotti (deputata del M5s nella Commissione d’inchiesta sulle condizioni del lavoro in Italia): “Il problema della precarietà nel mondo del lavoro è un aspetto cruciale dello sviluppo socio-economico del nostro Paese. Perché la precarizzazione del lavoro significa umiliazione per tutti i lavoratori.
Per far sì che questa sia la regola, occorre non solo mettere in campo incentivi fiscali decisi e drastici per le imprese, ma anche incoraggiarne l’utilizzo procedendo parallelamente a una seria lotta culturale. È chiaro infatti che questa tendenza non si invertirà finché si continuerà a intervenire sui contratti a tempo determinato e a ridurre gli oneri legati all’utilizzo di questa forma contrattuale.
Per questo è fondamentale raggiungere l’obiettivo di eliminare il lavoro precario, afferma Barzotti. Se non diamo alle persone una visione seria e concreta di poter costruire il proprio futuro, tutto il Paese non crescerà mai dal punto di vista economico, sociale e demografico”.
Il punto di vista dei professionisti è stato espresso da Mario Chiappuella (commercialista e revisore legale dell’Odcec di Massa Carrara) ha dichiarato: “Sebbene il numero di occupati a gennaio 2023 superi i 23 milioni, in aumento rispetto agli ultimi anni, vale la pena riflettere sul fatto che circa il 74% dei nuovi contratti è a tempo determinato.
È solo analizzando questa fascia che emerge la necessità di misure strutturali per rendere più stabile la nuova occupazione. Il mercato del nuovo lavoro, infatti, è in continua evoluzione e la richiesta di competenze specifiche è in costante aumento. Ecco perché incentivare la formazione e politiche del lavoro proattive è una priorità”.
Le conclusioni sono state affidate a Paolo Longoni (consigliere dell’Istituto nazionale esperti contabili): “Dobbiamo abituarci a un mondo del lavoro in repentina evoluzione, dove le esigenze e le richieste cambiano quasi senza soluzione di continuità.
Questo mercato è composto da lavoratori che passano rapidamente da un lavoro all’altro, poiché la flessibilità contrattuale è diventata la norma e l’idea di un impiego a vita non è quasi più praticabile. Allo stesso tempo, sono le aziende ad assistere alla progressiva incertezza contributiva degli stessi dipendenti, che possono sempre scegliere di andare altrove dove possono ricevere un trattamento economico migliore e una maggiore soddisfazione professionale”.
Michele Santomauro