Pechino rivendica gran parte dell’area marittima
Roma, 11 nov. (askanews) – La Cina ha accusato oggi gli Stati uniti di fomentare le Filippine a commettere azioni “illegali” e “provocazioni” nel Mar cinese meridionale, in un momento di accresciuta tensione tra Pechino e Manila rispetto a quest’area dell’Oceano Pacifico che la Repubblica popolare rivendica per circa l’80 per cento come propria.
“Da molti anni gli Stati uniti, per i propri interessi geopolitici, costantemente incitano le Filippine a compiere provocazioni e azioni illegali nel Mar cinese meridionale, temendo che che la situazione si stabilizzi”, ha detto nella quotidiana conferenza stampa a Pechino il portavoce del ministero degli Esteri cinese Lin Jian.
“Questa intenzione malevola – ha continuato – è nota a tutti. Gli Stati Uniti chiedono insistentemente ai paesi di rispettare la Convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare (UNCLOS), ma essi stessi non vi aderiscono, dimostrando una tipica ipocrisia con doppi standard”.
Negli ultimi giorni tra Pechino e Manila è montata la polemica rispetto al confine marittimo non definito lungo la secca di Scarborough (Scarborough Shoal), le isole e le barriere coralline delle isole Spratly, che la Cina rivendica come proprie col nome di isole Nansha. Le Filippine hanno definito una linea della zona marittima esclusiva che include queste aree e Pechino ha definito illegittima questa delimitazione, rendendo pubbliche ieri le proprie linee di base di quella che ritiene essere l’area sottoposta alla sua sovranità.
Nei mesi scorsi imbarcazioni delle marine e delle guardie costiere dei due paesi asiatici si sono trovate spesso a contatto, anche con diversi scontri, che hanno fatto salire la tensione. Inoltre, gli Stati uniti fanno spesso attraversare quelle acque da proprie navi militari in linea con la normativa americana definita FON Act (Freedom of Navigation Act).
Scarborough Shoal, chiamata Panatag Shoal da Manila, si trova a circa 120 miglia nautiche (220 km) a ovest dell’isola di Luzon nelle Filippine.
La Marina dell’Esercito popolare di liberazione della Cina (PLA) ha condotto esercitazioni congiunte navali e aeree intorno alla Scarborough Shoal in settembre, la seconda esercitazione in due mesi, entrambe tenute mentre le Filippine partecipavano a esercitazioni multilaterali nella regione. Le tensioni sono aumentate anche in agosto, quando il PLA ha dichiarato di aver “legalmente respinto” un aereo da trasporto dell’aeronautica filippina, mentre Manila ha accusato i jet cinesi di aver messo in pericolo i suoi piloti durante una missione di pattugliamento di routine.
Le rivendicazioni di sovranità della Cina sulla maggior parte delle isole e delle formazioni rocciose del Mar cinese Meridionale sono contestate non solo dalle Filippine, ma anche da altri paesi vicini, come Malaysia e Vietnam. In gioco ci sono non solo riserve di petrolio e gas sottomarine, ma anche diritti di pesca e potenziali avamposti militari. Scarborough Shoal, ad esempio, è un ricco terreno di pesca dove si dice che la Cina abbia limitato l’accesso filippino da quando ha preso il controllo nel 2012.
Lo stallo del 2012 ha spinto le Filippine a presentare le proprie rivendicazioni a un tribunale internazionale chiamato a fa rispettare l’UNCLOS. La corte arbitrale ha stabilito nel 2016 che non vi è alcuna base legale per la rivendicazione cinese dei “diritti storici” nel Mar cinese meridionale. Ma Pechino non riconosce la sentenza e anche oggi Lin Jian ha detto che la “questione dell’arbitrato sul Mar cinese meridionale viola la Convenzione ed è una farsa politica sotto ogni aspetto; il cosiddetto verdetto è illegale e nullo”.