(Adnkronos) – Ore dopo il suo arresto in un McDonald’s della Pennsylvania, emergono le informazioni che riguardano il 26enne Luigi Mangione, incriminato per l’omicidio del ceo di UnitedHealthCare, Brian Thompson. Un ragazzo italoamericano bene, di una famiglia con una fortuna immobiliare, comprese case di riposo e una stazione radio conservatrice in Maryland, che all’improvviso, circa sei mesi fa, ha interrotto i rapporti con parenti e amici, ed è diventato un fan della rivoluzione anti-tecnologica e anti-capitalista di Unabomber. E alla fine si è proclamato il castigatore delle corporation, in particolare le grandi società di assicurazione, come afferma nel documento che la polizia gli ha trovato addosso al momento dell’arresto.
“Questi parassiti se la sono cercata, mi scuso per ogni conflitto e trauma, ma andava fatto”, ha scritto Luigi Mangione, poche ore dopo l’arresto a Altoona, dove oltre al documento-manifesto, la polizia gli ha trovato le false Id che aveva usato a New York ed un’arma, una ghost gun, simile a quella usata per l’omicidio.
“Aveva qualche tipo di risentimento verso corporate America”, ha detto Joseph Kenny, il capo dei detective di New York che hanno condotto per giorni questa caccia all’uomo, ostacolata dal fatto che per molti, in particolare a New York, il killer era diventato una sorta di eroe che aveva colpito una corporation considerata avida e spietata, che si è conclusa solo grazie alla soffiata di un dipendente del fast food.
“La nostra famiglia è scioccata e devastata dall’arresto di Luigi, preghiamo per la famiglia di Brian Thompson e chiediamo di pregare per tutte le persone coinvolte”, è stato il commento dei Mangione, una vasta famiglia italoamericana, con il nonno Nicholas, muratore che ha iniziato a lavorare a 11 anni, e ha costruito un piccolo impero immobiliare, con una catena di case di riposo, la Lorien Healthcare, e due diversi country club nell’area di Baltimore. Nino Mangione, cugino di Luigi, è deputato repubblicano nell’Assemblea statale. “Una famiglia così rispettata e prominente nella nostra area”, dichiara Thomas Moronick, avvocato e amico di famiglia.
In questo contesto Mangione ha avuto una gioventù dorata: ha frequentato la prestigiosa Gilman School dove si è diplomato nel 2016 e come il migliore della classe ha pronunciato un discorso alla cerimonia, in cui si definì, insieme agli altri studenti della costosa scuola privata d’elite, pronto a “nuove idee e sfide al mondo”. Da lì il passaggio alla Penn University, ateneo privato dell’Ivy League, dove si è laureato in computer science – il suo obiettivo dichiarato era di realizzare computer games – ed è stato membro della Phi Kappa fraternity.
Dopo il college, diverse internship in tech companies, e poi l’assunzione come software engineer a TrueCar, società di Santa Monica che ora precisa che il rapporto lavorativo di Mangione si è interrotto nel 2023. In questo periodo Mangione si trasferisce a Honolulu dove lavora da remoto in uno spazio di coworking chiamato Surfbreak, al costo di 2mila dollari al mese, riferisce al New York Times il fondatore dello spazio R.J. Martin che descrive Mangione, di cui era diventato amico, come un ingegnere intelligente, realizzato e ottimista.
In quel periodo però iniziano i problemi di dolore cronico alla schiena, che “aveva un impatto su tutta la sua vita” e che “era per lui un’ombra costante”, dicono ancora da Surfbreak, spiegando che Luigi diceva che il dolore gli impediva di avere una normale vita sentimentale. Martin afferma, comunque, che Mangione non sembrava una persona dipendente da anti-dolorifici.
Nel 2023 Mangione lascia le Hawaii per un’operazione alla colonna vertebrale e invia all’amico ad Honolulu immagini delle sua spina dorsale.
Dall’inizio del 2024, poi sparisce dai radar, non risponde a Martin e agli altri amici che cercano di contattarlo. Lascia però diverse tracce sulla Rete, che raccontano il perdurare del suo dolore fisico e anche la sua trasformazione ideologico-filosofica. In particolare, a gennaio su GoodReads, social media per amanti dei libri, fa una recensione di un libro che contiene il manifesto di Ted Kaczynski, l’Unabomber, il matematico diventato terrorista anarchico che per anni terrorizzò l’America con i suoi pacchi esplosivi, uccidendo tre persone e ferendone 23.
“E’ facile liquidare velocemente e senza pensare questo come il manifesto di un pazzo, per evitare i problemi scomodi che identifica”, scrive affermando che Kaczynski ha avuto “le palle di riconoscere che la protesta pacifica non ci porta da nessuna parte e alla fine ha probabilmente ha ragione”. E ancora altre parole che suonano come una dichiarazioni di intenti alla luce dei fatti di New York: “Quando tutte le altre forme di comunicazione falliscono, la violenza è necessaria per sopravvivere, possono non piacere i metodi, ma per vedere queste cose dalla sua prospettiva non è terrorismo, è guerra e rivoluzione”.