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Caravaggio torna a Napoli: due esposizioni dedicate all’artista

AttualitàCaravaggio torna a Napoli: due esposizioni dedicate all’artista

Michelangelo Merisi detto Caravaggio è tra i più grandi pittori della storia dell’arte. La sua vita travagliata, l’ha portato a risiedere nella città di Napoli in due occasioni, la prima nel 1606 e la seconda nel 1609, divenendo fonte di ispirazione per numerosi artisti partenopei e vanto per i cittadini e la città stessa.

In questi giorni, a Napoli, sono in corso due mostre dedicate al maestro tanto apprezzato: fino al 31 maggio, il Museo di Donnaregina di Napoli ospita la mostra “Caravaggio a Donnaregina, la Flagellazione di Cristo”, un’iniziativa promossa dall’arcivescovo di Napoli, Domenico Battaglia; nelle sale di Palazzo Ricca, storica sede della Fondazione Banco di Napoli, fino al 16 giugno, è esposta la prima versione della composizione raffigurante “La presa di Cristo”.

Quando Caravaggio fu a Napoli per la prima volta, nel 1606, la città versava in condizioni disastrose a causa della peste e delle continue guerre che stavano decimando la popolazione. L’artista, costretto ad abbandonare Roma a causa della condanna a morte ricevuta dopo aver ferito a morte Ranuccio Tomassoni da Terni, trovò ospitalità nei Quartieri Spagnoli, nel palazzo del Principe di Zagarolo, don Marzio Colonna. Il pittore rimase a Napoli per circa un anno, durante il quale ottenne numerose commissioni tra cui le “Sette opere di Misericordia” e la suddetta “Flagellazione di Cristo”.

Quest’ultima, dipinta dal pittore lombardo nel 1607 per la famiglia de Franchis e per la chiesa di San Domenico Maggiore, è tra le opere più note, simboliche e emblematiche del Seicento napoletano e non solo; esempio dell’attento studio della luce e dei suoi fenomeni e del naturalismo che il Caravaggio portava avanti nei suoi lavori.

Da oltre cinquant’anni, l’opera ha lasciato il Centro Storico di Napoli e la chiesa di San Domenico, dov’era stata per 350 anni, per metterla in sicurezza dopo il terremoto del 1980 ed è stata ospitata ed esposta, nel Real Museo e Bosco di Capodimonte, divenendone uno dei dipinti più iconici. L’opera è stata prestito di numerose mostre in tutto il mondo, ultima quella di Parigi al del Louvre del 2022-23, “Napoli a Parigi. II Louvre invita il Museo di Capodimonte”, insieme ad oltre 70 capolavori conservati al Museo di Capodimonte.

L’iniziativa del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno di esporre, al rientro dalla capitale francese, la tela al Museo Diocesano di Donnaregina, rappresenta un tentativo di riportarla alla sua casa d’origine.

La mostra si pone l’obiettivo di valorizzare il dipinto con la luce, con lo scopo di studiarne l’illuminazione che lo caratterizza, consentendo al pubblico di goderne nel migliore dei modi; inoltre, la tela è accompagnata da uno studio e da apparati didattici e di comunicazione volti a illustrare il contesto di provenienza, la chiesa di San Domenico Maggiore, la cappella della famiglia de Franchis nonché la storia e le vicende di questa illustre famiglia.

La mostra è anche un’occasione per riscoprire il periodo storico a cavallo tra Cinquecento e Seicento, definito il secolo d’oro dell’arte napoletana.

A tornare a Napoli è anche la prima versione de “La presa di Cristo”, la quale, si ipotizza, sia stata nella collezione Colonna di Stigliano fino al 1830. Questa versione, rispetto alla replica di Dublino, ha maggiore potenza espressiva, è più grande e ha una cornice nera rabescata d’oro, come compare già negli inventari Mattei.

L’opera è stata esposta dopo un accurato restauro e un’intensa attività di studio, che ne hanno evidenziato radicali cambiamenti e pentimenti, che ne avvalorano l’assoluta autografia, confermata per la sua qualità molto alta da autorevoli studiosi sin dalla sua ricomparsa nel 2003. Grazie della sua eccezionalità, il quadro è stato notificato dallo Stato Italiano con Decreto del 2 dicembre 2004 del Ministro dei Beni Culturali come opera di particolare interesse per la Nazione.

La mostra napoletana segue quella negli spazi di Palazzo Chigi ad Ariccia (Roma), dove ha avuto grande successo di pubblico e critica, con oltre 25.000 visitatori.

L’esposizione, a cura di Francesco Petrucci e don Gianni Citro, presidente della Fondazione Meeting del Mare C. R. E. A., è allestita in cinque delle sale del piano nobile di Palazzo Ricca.

Il visitatore, oltre a poter ammirare un’opera meravigliosa e di grande valore, può conoscere e ripercorrere la storia del primo soggiorno napoletano del pittore lombardo, presente nella documentazione degli antichi banchi pubblici napoletani, che viene proposta attraverso l’immersione in uno spazio dedicato del museo “il Cartastorie”, dove sono custoditi tre importanti documenti: la committenza del mercante Nicolò Radolovich al maestro per una pala d’altare, datato 6 ottobre 1606, prima testimonianza certa della presenza a Napoli del Caravaggio in fuga da Roma; il pagamento per la realizzazione dell’opera più rappresentativa del soggiorno napoletano, Sette opere di Misericordia, datato 9 gennaio 1607; un documento dell’11 maggio 1607 riferito proprio alla Flagellazione.

Gli amanti di Michelangelo Merisi hanno l’opportunità di ammirare un’opera che, prima dello scorso anno, era stata esposta soltanto nel 1951 alla storica “Mostra del Caravaggio e dei caravaggeschi”, a cura di Roberto Longhi, negli spazi di Palazzo Reale di Milano, quando si presentava sporca e con varie ridipinture, rimosse dopo il recente restauro.

In mostra viene documentata la provenienza prestigiosa della tela (prima la collezione Mattei, poi la collezione Colonna di Stigliano e dopo ancora la collezione Ruffo di Calabria, per il cui tramite è pervenuta presso all’attuale proprietario) grazie a pennelli didattici che narrano la storia della composizione, attraverso una ricerca delle varie copie e una precisa documentazione di tutti i risultati diagnostici effettuati nell’ultimo ventennio.

Inoltre, si ripercorre la controversa storia dell’opera caravaggesca e si pone l’attenzione sulle due versioni: quella della raccolta Ruffo di Calabria, ritrovata da Roberto Longhi nel 1943, e quella della Compagnia dei Gesuiti di Dublino, in deposito presso la National Gallery of Ireland dal 1993. Entrambe autografe, ma dotate di autonomia formale ed espressiva, la versione irlandese è una replica di quella Ruffo, con varianti nelle caratteristiche pittoriche e d’impianto. Nessuna opera di Caravaggio ha conosciuto vicende collezionistiche così travagliate, con la pubblicazione di un romanzo thriller, un rocambolesco furto e una paradossale vicenda giudiziaria.

L’evento è realizzato in stretta collaborazione dalla Fondazione Meeting del Mare C.R.E.A. (Cultura, religioni e arte) e la Fondazione Banco di Napoli.

Adriana Talia

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