Il 73% dice di buttare meno cibo dei 680 gr di media a settimana a famiglia
Milano, 30 ott. (askanews) – In media, in una settimana, una famiglia italiana butta via circa 680 grammi di cibo avanzato, scaduto o non consumato. Un costo per il nostro portafogli, ma gli italiani sembrano non avere piena consapevolezza dell’impatto che questo fenomeno ha sulla propria economia domestica. A fronte di un 72% di italiani che riconoscono nel cibo il principale ambito di spreco in famiglia, dovuto a prodotti non consumati in tempo, quindi scaduti, oppure agli avanzi gettati dopo i pasti, c’è un 64% che segnala un utilizzo eccessivo di acqua corrente, il 62% un consumo eccessivo di energia elettrica, seguito dall’uso intensivo di carburanti, per il 46%, e dal riscaldamento eccessivo per il 37% degli intervistati. E’ il quadro che emerge dalla ricerca realizzata da Ipsos nell’ambito della piattaforma Impegnati a cambiare promossa da Altroconsumo e condotta tra 1.000 persone rappresentative della popolazione, che mostra come manchi una reale coscienza dell’impatto dello spreco alimentare sulle proprie finanze.
Secondo la ricerca il 73% degli italiani sottovaluta le dimensioni del fenomeno: infatti, quasi i tre quarti ritengono che a casa propria ogni settimana si butti via meno cibo dei 680 grammi di media azionale. Non solo. Tra intervistati la tendenza è a trovare cause esterne alla propria responsabilità: dalle confezioni troppo grandi, alla poca conoscenza su come conservare i cibi, a promozioni che incentivano acquisti eccessivi. Ma soprattutto quello che emerge è che tra i tre principali driver di acquisto la lettura degli ingredienti è l’ultimo (60% del campione) dopo prezzo (71%) e data di scadenza (67%).
E in questo processo di acquisto del cibo i criteri di sostenibilità giocano ancora un ruolo minore: il 48% degli intervistati attribuisce importanza a imballaggi sostenibili e riciclabili, il 43% presta attenzione al benessere degli animali negli allevamenti, mentre il 41% considera fondamentale che i prodotti abbiano una certificazione che ne attesti la sostenibilità, come il biologico. C’è un dato, tuttavia, che si può considerare incoraggiante: è quel 76% di italiani che afferma di conoscere la differenza tra la data di scadenza e il termine minimo di conservazione di un prodotto alimentare, che lo rende ancora consumabile perchè dopo la data indicata non è dannoso per la salute.
Nonostante le soluzioni per affrontare lo spreco alimentare non siano condivise da tutti, la maggioranza degli intervistati individua nell’educazione e nell’informazione la chiave per ridurre il fenomeno. Il 59% ritiene essenziale educare i bambini fin dai primi anni di scuola, mentre il 52% suggerisce di incentivare ristoranti ed esercizi commerciali a donare il cibo in eccesso alle associazioni benefiche. Il 50% propone di rendere più chiare le etichette, indicando meglio fino a quando il cibo può essere consumato oltre la data di scadenza. Per il 44%, sarebbe utile creare punti di raccolta per il cibo non utilizzato. Le piattaforme e le applicazioni digitali volte a ridurre lo spreco alimentare, tuttavia, sono ancora poco conosciute.