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Alberto Gimignani: “10 anni per una sentenza, io innocente non ho più lavorato”

Dall'Italia e dal MondoAlberto Gimignani: "10 anni per una sentenza, io innocente non ho più lavorato"

(Adnkronos) – “Ieri è arrivata la sentenza, dopo dieci anni e quattro mesi dalla notizia dell’arresto. Una sentenza liberatoria. In questi anni la mia carriera si è fermata”. Così Alberto Gimignani commenta all’Adnkronos la sentenza di ieri. L’attore, noto per i suoi ruoli in fiction di successo come ‘Distretto di Polizia’, ‘La Piovra’ e ‘Un Posto al Sole’, nonché per la sua partecipazione a film importanti come ‘La Famiglia’ di Ettore Scola, ‘Ricordati di me’ di Gabriele Muccino e ‘Cado dalle nubi’ con Checco Zalone, è stato assolto con formula piena dall’accusa di essere il tecnico di una banda che rubava e rivendeva telefonini. Un’accusa che, nel luglio 2014, lo aveva travolto, catapultandolo dalla vita normale agli onori, purtroppo negativi, della cronaca. 

Un incubo che ha avuto inizio con una telefonata e che si è protratto per oltre un decennio. “All’epoca ero negli Stati Uniti da mio figlio. Ero là, quando mio padre mi ha chiamato dicendomi che mi cercava la polizia. Pensavo a uno scherzo, mio padre era un burlone”. Da quel momento in poi fino a ieri mattina, racconta l’attore, “è stato un cambio di vita totale. La mia professione ha subito un arresto immediato. Ho sempre lavorato in radio e avevo anche dei buoni crediti, ma questo ha bloccato tutto. Da quel momento in poi non ho quasi più lavorato”. 

“Sono stato per sedici giorni nel carcere romano di Regina Coeli e sei mesi agli arresti domiciliari, dall’oggi al domani”, afferma l’artista che sulla sentenza aggiunge: “E’ stata la cosa più liberatoria, l’emozione più grande che ho provato dopo la nascita di mio figlio”. “Per me – confessa – è stato un cambio di vita totale, non solo dal punto di vista personale. Tutti, di fronte alla notizia di un arresto, dicono ‘eh beh, qualcosa aveva fatto’. Dal punto di vista professionale ti vengono chiuse tutte le porte, alla faccia della presunzione di innocenza”. Gimignani descrive con amarezza il muro di diffidenza che ha dovuto affrontare: “Mi sembra assurdo dover entrare in queste cose, però nella pratica, nonostante tu abbia lavorato e abbia un curriculum di tutto rispetto, la presentazione sul tavolo delle reti tv era: ‘Gimignani è in mezzo a una situazione complicata, aspettiamo’. L’attesa è durata dieci anni”.  

Una carriera interrotta e progetti sfumati: “Ho lavorato, ho fatto pochissime cose marginali, ma non certo le fiction o i film in prima serata che facevo fino a luglio del 2014. Mi sono reso conto che una notizia del genere non si risolve in due o tre mesi, come pensavo. Ho cambiato vita, ho lavorato in Francia, e questo mi ha un po’ salvato dal congelamento artistico che invece in Italia è stato messo in pratica”. La sua esperienza, simi a quella di Enzo Tortora, è un monito sulla fragilità della giustizia e sulla potenza distruttiva della gogna mediatica: “È una reazione a catena che non fa solo una vittima, ma ricade su tante persone, cambiando la vita anche a loro. Ti senti con un deficit addosso. Mia madre, delle volte, veniva anche non salutata da persone che conosceva”, racconta l’artista. 

Gimignani guarda al futuro con la speranza di poter ricominciare. “Ho sempre continuato e continuerò a fare l’attore. Spero che da questo punto in poi si possa ripartire ma questi dieci anni non me li ridà nessuno. Sono sempre stato molto combattivo”. E conclude con un’amara riflessione: “Dal punto di vista umano, può capitare a chiunque. E quando ti capita, devi metterti su un altro registro rispetto a quello che avevi sempre pensato fosse un percorso di giustizia. Devi fare i conti con la realtà, che è ben diversa da quello che impari sui libri di scuola o nei manuali di giurisprudenza”.  

(di Loredana Errico) 

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