Fino al 18 Settembre, il MANN – Museo Archeologico Nazionale di Napoli, ospita nella Sala Farnesina la personale di Ernesto Terlizzi “Ma che sanno gli altri”, curata da Marco Di Capua.
Con questa mostra, l’artista di origine salernitana, chiude il ciclo di opere dedicato ai profughi e il Mediterraneo, iniziato circa dieci anni fa con la personale di Milano “Apologia della superfice” a Spazio Tadini e poi ancora a Ferrara, Galleria del Carbone con la mostra “Derive” e infine quella di Roma a “StudioS” di Carmine Siniscalco.
Il problema dell’immigrazione clandestina, dei costanti tentativi di attraversare terre e mari, con mezzi fatiscenti e in condizioni disumane, spinti dalla speranza di poter trovare una vita migliore una volta raggiunta la meta, al costo di rischiare la vita, è un dramma epocale e di grande attualità, ormai incontenibile e molto complesso da affrontare, su cui l’autore dal 2013 pone continuamente il suo sguardo d’artista.
Per questa mostra, lo fa inserendo al centro delle sue carte pregiate icona di un puttino alato con un fiore tra le mani, della tipico della pittura pompeiana, ripreso dall’opera Menade e Amorino, ritrovata a Pompei nella Casa di L. Cecilius lucundus e conservata al MANN. 20 le opere esposte, di diverso formato e tecniche miste, realizzate su carta thailandese kozo martellata e intelaiata su cui l’artista segna, incolla e strappa carte e cartoni per costruire e raccontare, tra cielo e mare, luoghi e forme profughe, attraverso l’inconfondibile segno a china del suo rigoroso bianco e nero.
Le tele si inseriscono in un perfetto dialogo con i capolavori conservanti nella Sala Farnesina, creando un legame tra passato e presente, tra i grandi eroi d’epoca greca che combattevano per salvare le proprie famiglie e le proprie città e quelli odierni, i migranti che, ugualmente, lasciano tutto quello che hanno, alla ricerca di salvezza per se stessi e i propri cari.
«Ancora una volta Ernesto Terlizzi riesce a sintonizzare la propria mente e il proprio liberissimo gesto sulle onde di frequenza di temi attualmente cruciali accogliendo simultaneamente il richiamo di un luogo illustre, apparentemente immune a ogni turbamento. – dichiara il curatore e storico dell’arte Marco di Capua nel testo di presentazione della mostra – Proprio in tal modo egli riesce a innestare e fondere i frammenti e le schegge di un presente drammatico in uno spazio/tempo remoto, immemoriale. Le sue bellissime classicheggianti carte in bianco e nero, nel loro incessante farsi e disfarsi di strutture aperte quasi che certe virtù tanto raccomandate da Italo Calvino, come la molteplicità, l’esattezza, la leggerezza stiano ancora dicendo la loro sembrano sempre generarsi da un invito al decollo verso un fly/zone dove scorrono e si addensano vortici di memorie lacerate, segni fantasmi d’immagini».
La mostra realizzata con il Matronato del Museo Madre di Napoli, Fondazione Donnaregina per le Arti Contemporanee e il Patrocinio della Fondazione Filiberto e Bianca Menna insieme alla Casa Museo Spazio Tadini di Milano, vedrà anche la pubblicazione di un catalogo che, oltre ai testi del Direttore del Museo MANN e del curatore, conterrà diverse testimonianze di critici ed intellettuali sulle opere in mostra. Il catalogo sarà presentato sia a Napoli che a “Spazio Tadini” di Milano.
Adriana Talia