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Fitto, un vero democristiano al servizio della Commissione Ue

AttualitàFitto, un vero democristiano al servizio della Commissione Ue

La “prudenza” del neo commissario sui programmi di coesione
Roma, 14 dic. (askanews) – Se mai ce ne fosse stato bisogno (soprattutto dopo le inverosimili e infondate accuse, che gli sono state rivolte da vari europarlamentari verdi, liberali, socialisti e di estrema sinistra, durante il processo delle audizioni di conferma, di essere un fascista, o comunque di estrema destra), Raffaele Fitto ha dimostrato oltre ogni dubbio, alla sua prima uscita pubblica come neo vicepresidente esecutivo della Commissione europea responsabile per la Coesione e le Riforme, di essere un vero “democristiano”, con certificato d’origine. E’ successo giovedì 12 dicembre a Bruxelles, durante il suo intervento davanti a una riunione congiunta del Comitato delle Regioni dell’Ue (Cdr) e della commissione Affari regionali del Parlamento europeo.
L’assegnazione, per la prima volta, del portafoglio della Politica di coesione e delle riforme a una vicepresidenza esecutiva della nuova Commissione europea “è un riconoscimento del fatto che l’Europa non può andare avanti senza una forte coesione”, e “invia un forte segnale” che evidenzia “il ruolo centrale delle regioni, sottolineando che rimarranno al centro del nostro lavoro”, ha rilevato Fitto. E “per la prima volta, la politica di coesione e le riforme saranno sotto la stessa guida di altre politiche europee cruciali come agricoltura, trasporti, turismo, pesca e ‘blue economy'”, ha detto l’ex ministro italiano della Coesione, del Pnrr e degli Affari europei, ex presidente della Regione Puglia, ex membro dello stesso Cdr e della stessa Commissione parlamentare per le Politiche regionali a cui si stava rivolgendo.
Nonostante le sue rassicurazioni ai rappresentanti delle regioni dell’Ue sulla “centralità” del loro ruolo, Fitto, tuttavia, non ha mai negato, né menzionato esplicitamente, il controverso progetto della Commissione di “nazionalizzare” la gestione delle politiche di coesione e dei fondi strutturali dell’Ue, stravolgendo l’attuale assetto che la affida alle regioni, in un rapporto diretto e dialettico con Bruxelles. Si tratta di un progetto della presidente Ursula von der Leyen, trapelato sulla stampa nel giugno scorso ma mai confermato formalmente dalla Commissione, che sostituirebbe all’attuale sistema di programmazione dei progetti da finanziare, negoziati direttamente con le regioni, un nuovo modello più centralizzato, simile a quello del Pnrr, che avrebbe al centro gli Stati nazionali invece delle amministrazioni locali, e in cui l’esborso dei fondi sarebbe condizionato non solo alla realizzazione dei singoli progetti ma anche a determinate riforme strutturali che gli Stati dovrebbero garantire di attuare (“cash-for-reform”). Ben 530 diversi programmi Ue “trasversali” che oggi vanno a beneficio delle regioni, finanziati con le due voci di bilancio più importanti dell’Ue, quelle per la Politica di coesione e per la Politica agricola comune, verrebbero ristrutturati in modo da diventare 27 programmi nazionali, uno per Stato membro.
Von der Leyen intenderebbe applicare il nuovo modello a partire dal prossimo Quadro di bilancio comunitario pluriennale, 2028-2034, che la nuova Commissione dovrebbe presentare a fine 2025, per avviare il lungo e complicatissimo negoziato con gli Stati membri e con il Parlamento europeo, per l’adozione del Quadro di bilancio entro fine 2027. Nella Commissione, a quanto è dato capire, oltre alla stessa presidente von der Leyen, sarebbero il nuovo commissario al Bilancio, il polacco Piotr Serafin, e lo stesso Raffaele Fitto ad avere la responsabilità di coordinare e attuare questa grande trasformazione, negoziando i piani nazionali. E non è assolutamente un caso che il portafoglio di Fitto sia intitolato, appunto, “Coesione e Riforme”.
Peraltro va ricordato che in Italia Fitto è stato l’artefice della riforma dei fondi di coesione, con un decreto legge che ha introdotto un “coordinamento” sugli interventi tra i livelli regionali e nazionale, con la firma di “patti” di coesione, meccanismi di incentivazione sulla base dell’attuazione dei progetti ma anche la possibilità di attivare “poteri sostitutivi” statali in caso di inerzia delle amministrazioni locali.
Il Cdr e circa 150 singole Regioni si sono già espresse contro questo progetto, il negoziato si annuncia difficile. Ma Fitto nel suo intervento di giovedì scorso si è limitato a rassicurare i suoi interlocutori sul fatto che “le regioni, le città e i cittadini europei saranno in prima linea nella missione” che gli è stata assegnata. L’unico cenno, implicito e sibillino, che il vicepresidente esecutivo ha fatto al progetto di von der Leyen, lo si può leggere in questo suo avvertimento: “La politica di coesione deve essere rafforzata e modernizzata, non solo in termini di riduzione delle disparità” tra le regioni, “ma anche a sostegno delle priorità europee: la transizione verde e digitale, la sicurezza geopolitica e le industrie strategiche, la competitività, la preparazione per un futuro allargamento” dell’Unione. “Per fare ciò, la politica di coesione dell’Ue deve evolvere”, ha concluso Fitto. Democristianamente.

Di Lorenzo Consoli e Alberto Ferrarese

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