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Ucraina e non solo, ecco chi rischia con il funambolo Trump

MondoUcraina e non solo, ecco chi rischia con il funambolo Trump

ROMA – C’è una sola cosa più pericolosa dell’essere nemici degli Stati Uniti: essere loro alleati. “Una vecchia battuta”, ricordata all’indomani della rielezione di Donald Trump alla Casa Bianca da Gregory Alegi, autore e professore di Storia delle Americhe presso l’università Luiss Guido Carli. La prospettiva della sua intervista con l’agenzia Dire, senza dimenticare Taiwan e le rivendicazioni cinesi su quest’isola nata e prosperata grazie al supporto di Washington, è anche europea. Con baricentro ucraino. Ma andiamo con ordine. “Al di là di alcune sparate elettorali come ‘farò finire la guerra in Ucraina in 24 ore'”, la premessa di Alegi, “la politica estera di Trump è inserita nell’alveo di alcune macrotendenze, come lo spostamento del focus dall’Europa all’Asia, in corso ormai da decenni”.

Ci sono comunque modalità inedite, già all’opera durante il primo mandato di Trump da presidente, tra il 2016 e il 2020. “Penso al confronto competitivo con l’Europa, che riguarda anche i rapporti con la Russia e crisi periferiche come quelle in Medio Oriente”, sottolinea il professore. “Durante il primo mandato Trump è stato molto aggressivo nei confronti dell’Europa e vedremo se riproporrà lo stesso atteggiamento: non si tratta solo di dazi ma di priorità e di stili di vita differenti”. Ora c’è però più esperienza, secondo Alegi: “In otto anni l’Europa è cambiata e adesso è difficile scommettere su come si articoleranno i rapporti tra blocchi”. Tra est e ovest c’è l’Ucraina. “Gli Stati Uniti impiegheranno la leva degli aiuti militari ed economici come strumento per indurla a trattare e dunque a cedere qualcosa alla Russia”, prevede il professore. “Ciò avrà un impatto sui rapporti sia con i singoli Paesi europei che con l’Ue e con la Nato”. E attenzione: “I governi dell’est Europa hanno un comprensibile timore verso la Russia e la Polonia ha avviato un massiccio programma di riarmo che ne sta facendo la prima potenza militare del continente”.

Ma Trump unirà o dividerà l’Ue? “Al di là delle sue sparate bisognerà vedere come riuscirà a comporre questo difficile mosaico, anche perché una maggiore assunzione di responsabilità da parte dell’Europa per la propria sicurezza si tradurrebbe quasi necessariamente in una sua maggiore indipendenza”, risponde Alegi. “L’asse franco-tedesco dovrebbe essere ben contento di vedere ridursi l’influenza americana e di poterla sostituire con la propria”. Altro che “Make America Great Again”, potrebbe dire qualcuno. “Trump farà fatica a riprendere tutte le palle che ha lanciato in aria come un funambolo senza perdere di vista il suo obiettivo” conferma Alegi. “Scaricare gli alleati è tecnicamente possibile, ma quanto poi questo avvantaggi il ruolo e il primato americano è da capire”.

Ritorna la “vecchia battuta”. Che si adatta pure a Taiwan, la Cina nazionalista e anti-comunista supportata da Washington sin dagli anni Quaranta del secolo scorso. “Tutti si aspettano che Pechino voglia recuperarla, come ha già fatto con Macao e Hong Kong” sottolinea Alegi. “Non è chiaro come gli Stati Uniti potrebbero reagire perché sarebbe davvero una ‘diminutio’ importante del loro ruolo: cedere su Taiwan potrebbe anche avere un valore pragmatico e concreto, come a dire che è inutile spendere nelle cause perse, ma certificherebbe che l’America non si oppone nemmeno all’occupazione o all’assorbimento di suoi alleati storici”.
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