ROMA – In un universo apparentemente parallelo le donne americane hanno vinto. Mentre Trump stravinceva le presidenziali, con Kamala Harris mai davvero in partita, in dieci Stati si votava anche per inserire il diritto all’aborto nelle Costituzioni statali. Forse il principale tema sociale di questa campagna elettorale. L’aborto in Costituzione consentirebbe di “proteggere” il diritto ad abortire da leggi statali restrittive. Una mozione che ha vinto in sette Stati su dieci: Arizona, Colorado, Maryland, Missouri, Montana, Nevada e New York.
In tutti questi Stati l’aborto è regolamentato in maniera differenze. In alcuni è vietato salvo alcune eccezioni, in altri è limitato entro la 15esima settimana di gestazione, in altri ancora è legale ma si teme che nuove amministrazioni possano intervenire su un tema delicatissimo (che peraltro, per pochissimo, non inguaiato la campagna elettorale dello stesso Trump.
Il referendum invece è fallito in tre Stati repubblicani. In Florida non ha superato il quorum. In South Dakota il 51,06 per cento degli elettori ha votato addirittura contro. In Nebraska, dove si votava per due distinti referendum sull’aborto, ha vinto il mantenimento dello status quo: niente Costituzione, l’interruzione di gravidanza sarà legale solo fino alla 12esima settimana, in alcuni in casi molto specifici come per le gravidanze dopo stupri o incesti.
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