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Nessuno uccide impunemente i giornalisti come Israele e Haiti

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ROMA – Due piccole nazioni con livelli di impunità sproporzionati, Haiti e Israele, sono i principali responsabili al mondo nel consentire l’impunità degli assassini di giornalisti: a lanciare l’allarme è il Committee to Protect Journalists (Cpj) attraverso il suo Global Impunity Index 2024.

A livello globale, riferisce in una nota il Comitato per la protezione dei giornalisti, i casi di omicidio a danno di giornalisti resta impunito nell’80% dei casi. Si tratta di atti di rappresaglia che i reporter subiscono per via del loro lavoro, come spiega il Cpj.

L’analisi parte dallo stato centroamericano di Haiti, che per la prima volta è entrato a far parte dell’Index dello scorso anno. La minaccia, come riferisce l’organizzazione, è rappresentata dalle bande criminali che stanno prendendo il sopravvento sul paese e destabilizzando istituzioni già deboli, tra cui la magistratura. Secondo il Cpj, sono sette i giornalisti uccisi per i quali non è stato trovato un colpevole.

Al secondo posto c’è Israele, che entra nell’Index per la prima volta a causa di dell’uccisione mirata di cinque giornalisti a Gaza e in Libano in un anno di guerra implacabile. I casi sono rimasti irrisolti. Tutti i giornalisti assassinati, riferisce ancora il Cpj, stavano scrivendo un articolo sulla guerra e tre dei cinque indossavano i giubbetto con su scritto press al momento dell’omicidio. Il Cpj chiarisce che sta indagando su possibili omicidi mirati di almeno altri 10 giornalisti, e che date le difficoltà nel documentare la guerra, il numero potrebbe essere molto più alto. Ancora oggi, il Comitato avverte che un’inchiesta preliminare ha mostrato che tra i 43mila morti palestinesi di Gaza, 134 risultano giornalisti e operatori dell’informazione.

Nel complesso, avverte ancora il Comitato per la protezione dei giornalisti, dall’inizio della guerra del 7 ottobre 2023, Israele ha ucciso un numero record di giornalisti palestinesi. L’organizzazione ricorda che colpire deliberatamente i giornalisti, che sono civili in qualsiasi conflitto, rappresenta un crimine di guerra.

“L’omicidio è l’arma definitiva per mettere a tacere i giornalisti”, ha affermato l’amministratrice delegata del Cpj, Jodie Ginsberg. “Una volta che l’impunità prende piede, invia un messaggio chiaro: uccidere un giornalista è accettabile e che coloro che continuano a fare reportage potrebbero andare incontro a una sorte simile”.

Dopo Haiti e Israele, seguono la Somalia, la Siria, il Sud Sudan, paesi che figurano nell’indice da almeno un decennio. In totale 13 nazioni risultano in questa triste lista, tra cui democrazie e regimi autoritari, la maggior parte dei quali soffre di uno o più fattori che consentono agli assassini dei giornalisti di eludere la giustizia: guerre, insurrezioni, bande criminali e autorità locali che non vogliono o non sono in grado di agire e rendere giustizia.

Il Global Impunity Index, conclude l’organizzazione, in dieci anni di attività ha permesso di identificare 241 casi di omicidio in cui vi erano chiare prove che gli omicidi erano direttamente collegati al lavoro giornalistico della vittima. Meno del 4% dei casi ha ottenuto piena giustizia; il 19% ha ottenuto giustizia parziale, il che significa che alcuni dei loro assassini sono stati ritenuti responsabili; e il restante 77% non ha ricevuto giustizia.

Il Messico ha registrato il numero complessivo più alto di omicidi impuniti di giornalisti: 21. Da tempo il Messico è ritenuto uno dei paesi più pericolosi al mondo per i media, e ha registrato un aumento della violenza mortale quest’anno, dopo una riduzione dei livelli record del 2022. A più di un decennio dall’istituzione di un Meccanismo federale per la protezione dei difensori dei diritti umani e dei giornalisti, il programma – avverte il Cpj – è afflitto da difetti fondamentali e richiede una riforma per fornire protezione.

Ginsberg afferma ancora: “L’impunità nell’omicidio di giornalisti non è casuale: questi paesi rappresentano luoghi in cui la violenza acuta contro la stampa è normalizzata, con giornalisti costantemente minacciati, che lavorano in condizioni impossibili e che rimangono invariate per anni. La mancanza di giustizia crea deserti di notizie che soffocano le voci della popolazione locale, rendendo facile per i funzionari ignorarle, e crea terreno fertile per corruzione e illeciti”.

Secondo il Comitato per la protezione dei giornalisti, l’Asia è la regione più rappresentata nell’indice con Afghanistan (al sesto posto), Filippine (nono), Myanmar (decimo) e Pakistan (dodicesimo), con Filippine e Pakistan che compaiono ogni anno dal 2008,d ata di istituzione di tale rilevazione. L’Iraq, fa registrare l’uccisione mirata di due giornaliste nel 2024, dopo una pausa di sei anni. I miliziani dello Stato islamico (Isis) e le forze anti-curde turche secondo il Cpj erano dietro la maggior parte degli 11 omicidi in Iraq durante il periodo dell’indice del 2024. Il Comitato conclude annunciando che, insieme ad altre organizzazioni, sta sostenendo l’istituzione di una task force investigativa internazionale focalizzata sui crimini contro i giornalisti.

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