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Meno 5 giorni all’election day, tutto quello che c’è da sapere e cosa sono i grandi elettori

MondoMeno 5 giorni all’election day, tutto quello che c’è da sapere e cosa sono i grandi elettori

ROMA – Mancano pochi giorni all’Election Day del 5 novembre, ossia le elezioni che decideranno chi sarà il 47esimo presidente degli Stati Uniti. Un appuntamento anticipato da colpi di scena, polemiche e spettacolari raduni, sullo sfondo di stravolgimenti e conflitti internazionali.
Martedì prossimo – come da consuetudine quello che segue il primo lunedì di novembre – i seggi apriranno in tutto il Paese tra le 5 e le 10 del mattino, a seconda delle regole stabilite dai 50 governi federali. In alcuni Stati tuttavia l’orario viene stabilito autonomamente dalle singole contee o municipalità. Anche l’orario di chiusura è facoltativo, con Stati come il Mayne dove i seggi chiudono il 5 novembre. In Italia cominceremo ad avere notizie nella notte tra martedì e mercoledì 6.

32 MILIONI DI VOTI SONO GIÀ ARRIVATI

Alle urne sono chiamati a recarsi 161 milioni e 420mila elettori su una popolazione di circa 330 milioni: questo, almeno, il numero di aventi diritto che si sono registrati nel 2022, contro i 168 milioni e 310mila del 2020. Il sistema americano prevede infatti la registrazione obbligatoria e consente di votare di persona, nei seggi, oppure per posta o e-mail. Così, negli anni, sempre più Stati hanno optato per anticipare l’Election Day approfittando degli strumenti digitali. Il primo ad aprire le votazioni per email è stato l’Alabama, lo scorso 11 settembre. A seguire, il 20 settembre, hanno iniziato a esprimersi in Minnesota, Dakota del Sud e Virginia. Già 32 milioni di cittadini si sarebbero espressi, stando all’Election Lab dell’Università della California.

Possono inoltre votare per posta o email i soldati di stanza in Stati diversi da quello di appartenenza, come illustra il portale del Federal Voting assistence Program (https://www.fvap.gov/) mentre sul sito https://vote.gov/ si accede a tutte le informazioni necessarie per chi risiede dall’estero e per tante altre fattispecie: giovani alle prese con la prima votazione, persone con disabilità, cittadini senza fissa dimora o che hanno acquisito da poco la cittadinanza. Alle elezioni del 2020, quando Joe Biden batté Donald Trump, l’affluenza fu del 66,8%.

I CANDIDATI

Nel segreto dell’urna, l’elettore potrà scegliere tra il candidato repubblicano Donald Trump – già presidente tra il 2016 e il 2020, il primo candidato presidente della storia americana ad affrontare due impeachment – e la vicepresidente uscente, la democratica Kamala Harris, subentrata a Joe Biden, che si è ritirato a quattro mesi dal voto. Sebbene la politica statunitense sia storicamente dominata dal bipartitismo, con “Great Old Party” e Dem che si alternano alla Casa Bianca, ci sono in lizza anche candidati indipendenti, oppure sostenuti da partiti politici minori. Tra questi, spiccnno i nomi di Jill Stein dei Verdi e Chase Oliver per il Partito libertario.

IL VOTO È INDIRETTO: ECCO COME FUNZIONA

Ma come funziona il sistema elettorale americano? Lo scrutinio è indiretto. Il singolo elettore infatti non vota direttamente per il candidato prescelto, me per uno dei grandi elettori che rappresentano il suo Stato – e che nella stragrande maggioranza dei casi sono di pari numero ai seggi che lo Stato vanta al Congresso.

I GRANDI ELETTORI E LA QUOTA 270

Si tratta quindi di una cifra proporzionale alla popolosità del singolo Stato: si va da un minimo di tre a un massimo di 54, come nel caso della California.
Questi a loro volta formeranno il Collegio elettorale, incaricato di scegliere il nuovo presidente. I grandi elettori sono in totale 538, ossia la somma di deputati e senatori al Congresso (535), più tre rappresentanti del Distretto di Columbia, dove si trova la capitale Washington. Quindi, il candidato che ambisce alla Casa Bianca deve raggiungere almeno quota 270. Da qui il termine “Road to 270”. Il sistema è maggioritario, ciò significa che vale il meccanismo “winner takes all”: chi vince uno Stato otterrà tutti i voti espressi in quello Stato. I grandi elettori, a loro volta, vanno a formare il Collegio elettorale, che si riunirà per votare il presidente e il vicepresidente a gennaio.

Gli Stati in totale sono 50, di cui la maggior parte storicamente orientata verso il partito repubblicano o democratico. A fare la differenza sono quindi i cosiddetti “Swing States“, ossia quelli in cui nei quattro anni di mandato l’affiliazione politica potrebbe cambiare. In questa tornata elettorale secondo gli analisti saranno Arizona, Carolina del Nord, Georgia, Michigan, Nevada, Pennsylvania e Wisconsin. La partita per i candidati si sta infatti disputando principalmente qui.

IL 6 GENNAIO LA NOMINA FORMALE DEL NUOVO PRESIDENTE

Il 5 novembre gli elettori votano anche per il rinnovo del Congresso – formato da 435 deputati e 100 senatori – e per scegliere undici governatori. Il 6 gennaio, il Collegio elettorale riunito al Senato per la prima riunione in seduta comune del Congresso esprimerà le scelte dei cittadini e voterà il nuovo presidente, che si insedierà il 20 gennaio.

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