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Stellato (Istituto Friedman): il rischio flop del CPB come Il Superbonus

AttualitàStellato (Istituto Friedman): il rischio flop del CPB come Il Superbonus

Gli effetti sulla stabilità dei rapporti internazionali e certezza del diritto

“Ogni sistema fiscale dovrebbe mirare alla prevedibilità fiscale e alla certezza del diritto. Agli occhi degli investitori, sia stranieri che nazionali, i cambiamenti improvvisi delle regole sono un segno di inaffidabilità, così come lo sono i governi ostacolati da burocrazie e sistemi giudiziari che sono spesso troppo lenti”. Lo sostiene Ezio Stellato, responsabile politiche fiscali dell’Istituto Friedman.

“La delega fiscale n. 111/2023 vede tra i suoi pilastri quello della certezza del diritto, contenendo una espressa delega al Governo – ha aggiunto – per la revisione del sistema tributario e termini di attuazione.

Scattando una fotografia al presente con uno sguardo al recente passato (vedasi quanto accaduto con i crediti da bonus edilizio), assistiamo ad una prassi improntata più alla produzione di norme di riordino che piuttosto rivolta al ripensamento delle fondamenta del nostro sistema fiscale, tributario e di riscossione e che ancora non ha previsto interventi strutturali, soprattutto per quanto concerne la certezza del diritto e la costituzione di un nuovo rapporto fisco-contribuente; la tanto agognata e sbandierata compliance.

Sono stati varati dei Testi Unici. Questo è un bene, anche l’ordine formale aiuta la certezza del diritto.

Il concordato preventivo biennale (decreto approvato dal Consiglio dei ministri il 25 gennaio 2024) – rimarca Stellato – è un istituto nuovo (anche se già visto sotto altre vesti in passato) nel nostro ordinamento, sicuramente di non facile ed immediato recepimento.

Questa idea è in astratto  vantaggiosa nella regolazione dei rapporti tra Fisco e piccole imprese (data la sua applicabilità ai soggetti che non fatturano più di 5 milioni di euro) : sedersi in anticipo con il fisco e ‘concordare’ quanto dovuto per i prossimi due anni, fa comodo sia allo Stato, che avrà modo di programmare le proprie entrate ed ai contribuenti che, in cambio dell’accordo, saranno soggetti a minori controlli, si aggiunga a ciò la possibilità di aderire anche ad una sanatoria di eventuali condotte a rischio nel periodo 2018-2022 mediante l’adesione al ravvedimento speciale.

Il problema, però, è passare dalla teoria all’attuazione concreta, e ciò è possibile solo se sono chiare le regole di ingaggio nei rapporti tra Fisco e contribuenti.

In prima battuta si deve comprendere che lo sforzo richiesto ai contribuenti non è di poco conto in quanto buona parte del c.d. tax gap si annida proprio nei soggetti, che per accedere al concordato, devono adeguare i propri indici di affidabilità (gli ultimi dati del MEF, che rilevano che la media di imponibile dichiarato da questi ultimi si aggira sui 13mila euro), riportando le proprie soglie di reddito imponibile a soglie spesso non verosimili.

Il secondo aspetto rilevante è comprendere quanto il contribuente possa fare affidamento sulla stabilità di questo “patto” con il fisco.

Il vero problema risiede come sempre nell’attuabilità concreta delle norme, cosi come accaduto si ribadisce per il Superbonus, norme che hanno lasciato i contribuenti abbandonati a se stessi e i professionisti a combattere nell’arena, trovandosi spesso una controparte leale ma immobilizzata dalla burocrazia e da continue interpretazioni normative non sempre in linea con le iniziali previsioni date al contribuente.

La stessa proposta dell’Istituto Friedman, sulla riforma della cessione del magazzino fiscale, tagliata in fase di conversione è un elemento lampante dello stato di incertezza che vive lo stesso legislatore.

Ma per raggiungere i traguardi che riteniamo decisivi – conclude Stellato -, politica e istituzioni devono ancora spingersi oltre, sedere allo stesso tavolo le parti sociali, e definire con chiarezza gli ambiti accertativi e sanzionatori presenti e futuri”.

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