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Sanità, divise Dpi fondamentali per ridurre infezioni in ospedale

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Covegno Mepaie: “Bene Cassazione, ma serve intervento normativo”

Milano, 29 ott. (askanews) – L’Italia è un’eccellenza mondiale nello sviluppo di divise innovative, in grado di assicurare una difesa efficace contro infezioni virali e batteriche e proprio per questo classificate come Dispostivi di Protezione Individuale. Il loro utilizzo da parte del personale sanitario che opera nei reparti di terapia intensiva e in altre aree critiche di ospedali e pronto soccorso è fondamentale per ridurre il rischio di infezioni ospedaliere. A sancirlo sono i massimi esperti del settore riuniti a Milano per il 12esimo convegno Mepaie dedicato alla sanità. “Sono classificate come Dpi, quindi hanno caratteristiche di protezione proprio per la tutela della salute da infezioni – spiega ad askanews Roberto Lombardi, già ISPESL, già INAIL. Sono caratteristiche importanti che chiaramente la legislazione richiede quando c’è un profilo di tutela aggiuntiva che può essere esercitata proprio per contrastare un possibile danno o addirittura come nel caso delle Ica che spesso portano al decesso dell’individuo”.Secondo il Ministero della Salute, il 78% delle infezioni ospedaliere è causato da batteri trasmessi al paziente da medici, infermieri e assistenti sanitari. Sono le cosiddette Ica – acronimo per infezioni correlate all’assistenza – che in Italia provocano oltre 10 mila morti all’anno, il numero più alto a livello europeo. “Quindi contrastare in qualche modo con delle misure che prima non vi erano e oggi ci sono diventa importante proprio per la legislazione vigente – aggiunge Lombardi – che sancisce proprio di adottare sempre le migliori misure di sicurezza per qualsiasi ambito disciplinare come quello della protezione da agenti biologici e da agenti infettivi”.La svolta è arrivata grazie una storica sentenza emessa nel 2023 dalla Cassazione che impone alle strutture sanitarie tutta una serie di prescrizioni. “Fa molta chiarezza perché anzittutto specifica quelli che sono gli obblighi delle strutture sanitarie in ambito di disinfezione – sottolinea Camillo Falvo, procuratore della Repubblica di Vibo Valentia – . Ma soprattutto perché specifica quello che è l’onere probatorio, distribuito tra chi subisce un danno e la struttura sanitaria che deve dimostrare di aver adottato tutte le cautele che sono indispensabili. E questo rispetto al passato cambia un po’ tutto, per cui si è parlato di rivoluzione copernicana da questo punto di vista”.L’auspicio degli addetti ai lavori è che un ulteriore spinta in questa direzione arrivi grazie a interventi di carattere normativo. “Io credo che soprattutto a livello legislativo ci debba essere una presa di coscienza maggiore – chiarisce Maurizio Greco, presidente di Alpe (Associazione Ligure Provveditori ed economi) -. E quindi enucleare dei fondi specifici finalizzati a questo tipo di necessità e che quindi possono essere stralciati dal resto della gestione corrente”.

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