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Giuli: “Dopo la stagione dei ‘vaffa’, l”apocalittismo’ innalza il livello”

PoliticaGiuli: “Dopo la stagione dei ‘vaffa’, l”apocalittismo’ innalza il livello”

ROMA – “Mi piace l’idea che il ministro della Cultura venga percepito come una persona di pensiero, che anche nelle sue espressioni giornalistiche ha sempre dimostrato di dubitare dei propri pensieri e innanzitutto di problematizzare piuttosto che di essere assertivo. Però mi piace l’idea di innalzare un po’ il livello del linguaggio e del confronto nelle aule della politica dove ho un certo linguaggio, anche un po’ più strutturato si è un po’ perso”. Lo ha detto il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, intervenuto a La lingua batte su Radio 3.

“Dopo la stagione dei ‘Vaffa’, il fatto che si discuta su parole come ‘apocalittismo’, che mi rendo conto non è così semplice da concettualizzare, da percepire e contestualizzare, è un segno di arretramento o un piccolo tentativo, anche incerto, di avanzare verso un innalzamento del livello?- ha sottolineato- Dopodiché il modello di ministro della Cultura che ho io, dipendesse da me naturalmente, è Alberto Ronchey, che citava numeri, faceva atti e diceva ‘sto studiando’. Perché continuo a pensare che la cosa che mi riesca meglio non sia scrivere, parlare, ma sia studiare, che è una cosa che conviene fare a qualsiasi età”.

“L’AUDIZIONE? NON VOLEVA ESSERE GESTO DADA, MA SOLLECITAZIONE”

L’audizione? Voleva essere più che una provocazione una sorta di sollecitazione. Come a dire: esistono dei temi su cui dobbiamo attrezzarci anche con parole complesse, perché complessi sono i temi. E quindi sì, c’è un margine di sollecitazione sfidante nei confronti del mondo culturale e politico nel caso specifico, ma non voleva essere un gesto Dada“. Lo ha detto il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, intervenuto a La lingua batte su Radio 3.
“La modulazione del linguaggio e l’alternanza dei registri la conosco, ovviamente. Se oggi siamo qua a parlare di questo tema con tutte le considerazioni che si sono addensate intorno all’eloquio di Giuli che poi ha detto a Renzi ‘adeguerò il mio eloquio alle sue capacità cognitive’ eccetera eccetera, è anche interessante come dato, perché da quanti anni nessuno si poneva il problema di come leggere la realtà della cultura e del rapporto tra cultura e politica, come leggere la comunicabilità della cultura nel contesto politico. Se non fosse accaduto – con tutte le imperfezioni del caso, il raffreddore del debuttante, la voce nasale – ma se non fosse successo noi oggi non saremmo qui a offrire a delle persone che ci ascoltano un fatto che non accadeva da anni, cioè la comunicazione tra cultura e politica che si guardano e dicono ‘esiste un terreno comune per comprenderci’”, ha aggiunto Giuli.

“SATIRA CI STA, SIAMO TUTTI SATIRIZZABILI”

“Al di là della satira, perché poi uno isola quello e ci fa i meme, ci fa Crozza, funziona benissimo, ci sta, siamo tutti satirizzabili”, ma “mi rifiuto di pensare che il ceto politico, per il rispetto che nutro nei confronti del ceto politico che si occupa di cultura, non sia in grado di cogliere dei messaggi molto elementari. E mi limito per ora al discorso politico perché i contesti sono tanti”.
Il grado di complessità è direttamente proporzionale all’interlocutore che hai davanti e al contesto in cui ti trovi: se parli con dei parlamentari che hanno voluto essere sistemati nelle commissioni Cultura di Camera e Senato si presuppone che nel corso di un’ora di prolusione, chiamiamola così, fatta anche molto a braccio, con raccordi semplici, diretti e con un minimo di phatos, 27 secondi di citazione di un paio di testi oggettivamente complessi e dichiaratamente complessi, perché ho detto ‘sarò un po’ teoretico’, la scommessa si può tentare. Poi se la reazione è ‘non abbiamo capito niente’, se non hanno capito niente di quei 27 secondi la prossima volta in commissione si eviterà”.

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