Allargamento è “priorità”, “rafforzare presenza nostre aziende”
Trieste, 24 gen. (askanews) – La guerra di aggressione della Federazione russa all’Ucraina, oggi giunta all’undicesimo mese, ci pone davanti a “scelte inevitabilmente strategiche” e il governo di Giorgia Meloni ha già fatto la sua: portare “più Italia nei Balcani”, regione di “rilievo strategico per i nostri interessi nazionali”. Un obiettivo ambizioso, per una regione dilaniata da contrasti e divisioni etniche, sociali, culturali, politiche, che il nostro Paese intende raggiungere seguendo almeno tre diverse direttive: rafforzare la presenza delle aziende italiane nell’area, puntare ad affermarsi quale piattaforma di dialogo e cooperazione con gli Stati regionali, assumere il ruolo di facilitatore della riconciliazione e della sua integrazione nell’Unione europea. “E’ quello che ci chiedono tutti gli amici della regione”, ha confermato la presidente del Consiglio nel suo messaggio di saluto alla Conferenza sui Balcani organizzata oggi a Trieste. Un incontro che il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha definito come “una pietra miliare della nostra strategia” per l’intera area.
Nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia l’esecutivo ha riunito le principali realtà associative del mondo produttivo italiano interessate ai Balcani occidentali, assieme alle istituzioni chiamate ad accompagnarle sui mercati esteri. Nei primi 9 mesi del 2022 l’interscambio con i Paesi della regione è cresciuto del 40% rispetto al 2021, fino a raggiungere i 14 miliardi di euro, se si considerano anche “i 6 Paesi che ancora non fanno parte dell’Unione”, assieme a “Croazia e Slovenia”. “Ma dobbiamo intensificare ancora di più la nostra azione”, ha commentato Roberto Luongo, direttore generale Angezia Ice. La convinzione è che un’economia regionale più forte e sviluppata possa contribuire ad aumentare sicurezza e stabilità nei Paesi ai nostri confini. Una necessità per l’Italia, alle prese con il problema dei flussi migratori incontrollati. Attraverso i Balcani passa anche il corridoio che parte dalla Turchia, ha ricordato Tajani. “Sono flussi importanti, dobbiamo risolvere il problema, evitare che ci sia un’immigrazione illegale incontenibile”.
Essere più presenti nella regione significa anche impedire che gli spazi trascurati siano occupati da altri. E non si tratta solo della Russia, “in tanti sono interessati ai Balcani”, ha detto il ministro. L’Italia, allora, deve essere capace di intercettare i settori economici considerati strategici dai rispettivi governi: non solo le infrastrutture e le reti energetiche, ma anche lo sviluppo delle piccole e medie imprese, la transizione verde, la digitalizzazione, l’agricoltura. Tutti campi in cui il modello italiano è in grado di offrire un’esperienza assolutamente all’avanguardia. Allo stesso tempo – è convinzione del governo -, occorre sfruttare appieno le opportunità offerte dagli Stati e colmare i consistenti margini di crescita che esistono per le nostre imprese in questi mercati molto importanti. A questo scopo, il 21 marzo prossimo a Belgrado avrà luogo un primo business forum.
Insomma, sicurezza e crescita di tutti i popoli dei Balcani occidentali sono fondamentali per l’interesse nazionale dell’Italia. Ma tutto questo non può che avvenire all’interno di un contesto europeo, secondo l’esecutivo. “Vogliamo avere i paesi del Balcani nell’orbita europea”, ha detto il vicepremier. “I Balcani sono Europa”, “siamo per un’accelerazione” dei processi di adesione, ha aggiunto. Un processo non facile, considerata ad esempio l’attuale crisi politica in Montenegro, o le crescenti tensioni tra Serbia e Kosovo, sui quali si sono intensificate negli ultimi giorni le pressioni dell’Unione europea per la normalizzazione dei rapporti. A Belgrado, per stessa ammissione del presidente Aleksandar Vucic, sarebbe stata persino prospettata l’eventualità di un’interruzione del processo di adesione, assieme a un blocco degli investimenti e a una serie di misure economiche e politiche, qualora il suo paese non dovesse scegliere rapidamente la linea della riconciliazione.
Di certo, al governo è chiaro che sostenere la stabilizzazione e la piena integrazione europea della regione significa anche lavorare per una cooperazione nella lotta alla corruzione, nel contrasto dei traffici illegali, nella gestione e nel contenimento dei flussi migratori irregolari, nella prevenzione e nel contrasto del radicalismo in ogni sua forma. Per questo “è urgente che l’Unione Europea sviluppi una nuova visione nei confronti di questa Regione e metta l’allargamento ai Balcani occidentali tra le sue priorità”, ha confermato Meloni, spiegando che l’Italia continuerà a battersi in prima linea affinché il processo di integrazione possa proseguire con ancor più slancio e determinazione”.
Un impegno, quello del nostro Paese, che potrà esplicarsi all’interno del cosiddetto Quint, il gruppo di coordinamento ristretto con Usa, Francia, Germania e Regno Unito, da cui ha rischiato di rimanere fuori prima di rientrare a pieno titolo. “Abbiamo puntato i piedi, hanno tentato di escluderci ma l’abbiamo spuntata”, ha confermato Tajani, facendo riferimento a questo meccanismo negoziale, fondato su una proposta franco-tedesca, poi passata sotto l’ombrello dell’Unione europea, per disinnescare la crisi tra Serbia e Kosovo. “Abbiamo molte cose da dire e da fare, non abbiamo una mentalità colonizzatrice, ma una mentalità costruttrice, positiva”, ha aggiunto il ministro.
Un ruolo ben visto, e auspicato, anche dall’Unione europea. “Abbiamo bisogno di più Italia nei Balcani occidentali, perché l’Italia è un partner fondamentale, uno dei padri fondatori dell’Ue e un grande Stato membro. Le nostre aspettative sono più alte. Vogliamo che l’Italia si promuova in modo più forte nei Balcani occidentali e nell’Ue”, ha commentato il commissario europeo per il Vicinato e l’Allargamento, Oliver Varhelyi, concordando sulla necessità di un’accelerazione del processo di allargamento, “alla luce dell’attuale crisi economica e geopolitica, sorta dall’aggressione russa all’Ucraina”. “Questi Stati dovranno diventare membri dell’Ue. L’Europa è pronta a mantenere il suo impegno, se i Paesi dei Balcani sono pronti a mantenere i loro”. (di Corrado Accaputo)