A partire dal 30 giugno 2023 sono state implementate in maniera significativa le modifiche nel campo della Mediazione Civile. Queste novità includono l’obbligatorietà di tentare la mediazione in nuove aree di interesse, l’aumento degli incentivi finanziari e fiscali per promuovere l’adozione della mediazione e la definizione di conseguenze più severe per chi non vi partecipa senza una valida e giustificata ragione.
Aumento dei settori soggetti all’obbligo di mediazione
Originariamente le materie per cui vigeva l’obbligo di esperire il tentativo di mediazione erano soltanto dodici e più precisamente in tema di condominio, diritti reali, divisioni, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazioni, comodato, affitto di aziende, risarcimento di danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione a mezzo stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari.
La Riforma Cartabia, introdotta nel nostro ordinamento dall’art. 7 del D.Lgs. 10 ottobre 2022, 149, invece, ha reso obbligatorio il tentativo di mediazione in settori quali contratti di associazione in partecipazione, consorzi, franchising, opere, reti, somministrazione, società di persone e subfornitura. Queste nuove materie si aggiungono a quelle già esistenti, rendendo necessario il tentativo di mediazione per qualsiasi controversia in tali ambiti.
Condominio
Tra le modifiche più significative che sono state apportate alla normativa previgente ritroviamo all’articolo 5-ter alcune novità relative alla figura dell’amministratore di condominio al fine di migliorare la sua partecipazione al processo di mediazione. In particolare, l’articolo prevede che l’amministratore possa iniziare un procedimento di mediazione, decidere di partecipare e contribuire attivamente, presentando all’assemblea per l’approvazione, a seconda delle circostanze, il verbale contenente il testo dell’accordo di conciliazione proposto dalle parti o la proposta formulata dal mediatore. Pertanto, l’assemblea dovrà manifestare la propria intenzione di aderire (in base alle maggioranze stabilite dall’articolo 1136 del codice civile) entro il termine fissato nella proposta di accordo; se tale termine scade senza esito, la conciliazione sarà considerata non conclusa.
Opposizione a decreto ingiuntivo: chiarimento sull’onere di presentazione
Le norme ora codificano ciò che già era stato stabilito dalla recente giurisprudenza riguardo all’opposizione a un decreto ingiuntivo. Secondo il nuovo articolo 5-bis, la parte che ha richiesto il decreto ingiuntivo deve presentare la domanda di mediazione nel procedimento di opposizione. Se il tentativo di mediazione non viene effettuato, la richiesta giudiziale originale tramite decreto ingiuntivo diventa inammissibile e il decreto stesso può essere revocato, con il giudice che si pronuncia sulle spese. Ciò pone finalmente fine ad una decennale diatriba giurisprudenziale.
Incentivazione della mediazione proposta dal giudice
Il giudice ha la facoltà, anche in appello e anche per questioni non obbligatorie, di ordinare una mediazione dopo aver valutato vari fattori. Per promuovere l’utilizzo della mediazione proposta dal giudice, è stato stabilito che i magistrati debbano essere formati in materia di mediazione, con ciò che ha ripercussioni sulla loro carriera. Inoltre, le ordinanze che riguardano la mediazione e le controversie risolte attraverso di essa sono soggette a una specifica registrazione statistica.
Eliminato il “primo incontro”
Le parti non possono più decidere al primo incontro di interrompere la mediazione. Secondo la nuova normativa, al primo incontro le parti devono lavorare con il mediatore per raggiungere un accordo, affrontando immediatamente le questioni in discussione e pagando una parte delle spese iniziali. Ciò tende a velocizzare la conclusione della procedura ed evitare di avviare mediazioni che poi saranno abbandonate a seguito di primo incontro, magari con unico scopo dilatorio dei termini processuali.
Obbligo di partecipazione personale e durata limitata della mediazione
Le parti devono partecipare personalmente alla mediazione, salvo giustificato motivo per delegare un rappresentante. La partecipazione tramite la nomina di rappresentanti in mediazione, tuttavia, costituisce ipotesi eccezionale e residuale, essendo consentita esclusivamente in presenza di “giustificati motivi” secondo quanto previsto e disciplinato dall’art.8, comma 4. All’uopo, il rappresentante deve munirsi di apposita procura c.d. negoziale, non essendo sufficiente la “semplice” procura alle liti, e dovrà descrivere in maniera chiara i giustificati motivi che hanno impedito alla parte la partecipazione personale al tentativo di mediazione.
L’unica deroga a tale previsione è chiaramente rappresentata dalla partecipazione di un rappresentante di enti o persone giustifiche, richiedendo soltanto la necessità che siano muniti dei poteri necessari per la partecipazione e la eventuale conclusione della controversia, ai sensi dell’art.8, comma 5).
Tale previsione potrebbe apparire in contrasto con lo spirito della novellata normativa decisamente indirizzato alla promozione della partecipazione attiva delle parti; in realtà, la possibilità di partecipazione per rappresentanza costituisce un ulteriore baluardo a favore dei partecipanti promuovendo la brevità della durata della procedura e incoraggiandone il buon esito.
A maggior tutela delle parti, poi, la normativa stabilisce che la procedura di mediazione non può superare i tre mesi, salvo diverso accordo scritto tra le parti.
Aumento degli incentivi finanziari e fiscali
Sono stati aumentati i crediti d’imposta e l’esenzione fiscale per incoraggiare l’adozione della mediazione. È stato, poi, introdotto anche il patrocinio gratuito per l’assistenza legale durante la mediazione. In tal caso, la valutazione circa la sussistenza dei requisiti di ammissibilità è demandata esclusivamente al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati competente per territorio, ai sensi dell’art. 15-quinquies, comma 1. A tal fine, è indispensabile che la domanda di mediazione sia corredata della relativa delibera di ammissione provvisoria.
In tema di esenzione dell’imposta di registro da pagare per il rilascio del verbale contenente l’accordo di conciliazione è stato aumentato il tetto massimo che ne determina l’esenzione portandolo da 50.000 euro a 100.000 euro (art. 17, comma 2).
In tema di credito d’imposta, invece, si è provveduto ad aumentarlo da 500 euro a 600 euro in caso di successo della mediazione (art. 20, comma 1) e da 250 euro a 300 euro in caso di insuccesso (art. 20, comma 2, ultimo periodo);
Infine, il legislatore ha inteso introdurre un nuovo incentivo per i soggetti che partecipano al tentativo di mediazione, rappresentato da un credito d’imposta, non previsto dalla normativa precedente, di importo massimo pari a 518 euro e commisurato al contributo unificato versato nel giudizio estinto a seguito della conclusione dell’accordo di conciliazione (art. 20, comma 3).
Possibilità di Mediazione telematica
L’art. 8-bis introduce la possibilità di svolgere il tentativo di mediazione in maniera interamente telematica attraverso l’utilizzo di apparecchi audiovisivi da remoto. Tale provvedimento consente di perseguire numerosi e importanti vantaggi in termini di tempi e costi di svolgimento delle mediazioni. La partecipazione “di persona”, infatti, costringeva a frequenti e impegnativi spostamenti per raggiungere l’Organismo di mediazione territorialmente competente, richiedendo un dispendio di soldi piuttosto oneroso disincentivando spesso la partecipazione alla stessa. Medesimo ragionamento è valido anche per quanto concerne la durata della procedura stessa; il collegamento in remoto aumenta in misura considerevole la possibilità di rendersi reperibili in qualsiasi luogo ci si trovi, evitando rinvii e procrastinazioni inutili, talvolta posti in essere con l’unico intento dilatorio per la procedura.
In caso di partecipazione delle parti attraverso mezzi telematici è prescritto che ciascuna di esse sottoscriva il verbale con firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata.
Tale metodologia, ovviamente, ha richiesto agli Organismi il conseguente adeguamento alla normativa di protezione dei dati personali e alla loro conservazione. Quest’ultima, infatti, come l’esibizione dei documenti del procedimento di mediazione svolto con modalità telematiche vengono realizzate a cura dell’organismo di mediazione in conformità all’articolo 43 del decreto legislativo n. 82 del 2005.
Responsabilità dei funzionari pubblici
La responsabilità dei funzionari pubblici che firmano accordi di conciliazione è limitata solo nei casi di dolo o colpa grave. Difatti, l’articolo 8 del decreto legislativo 149/2022 ha apportato modifiche sostanziali all’articolo 1 della legge 20/1994, introducendo un nuovo comma che prevede una specifica restrizione della responsabilità finanziaria per i funzionari che firmano un accordo di conciliazione. In particolare, viene stabilito che, nel caso di un accordo raggiunto durante un procedimento di mediazione o in ambito giudiziale dai rappresentanti delle pubbliche amministrazioni la responsabilità contabile sarà limitata esclusivamente agli atti e alle omissioni in cui sarà riconosciuto il dolo o la colpa grave intesa quale negligenza inescusabile derivante da una grave violazione della legge o da una distorsione dei fatti.
Conseguenze più severe per la mancata partecipazione
Chi non partecipa alla mediazione senza giustificato motivo potrebbe essere soggetto a multe e condanne pecuniarie, con ulteriori conseguenze per quanto riguarda le pubbliche amministrazioni che non partecipano ricevuto l’invito. In primo luogo, l’art. 12-bis prevede che in caso di mancata partecipazione senza giustificato motivo il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio.
Quando la mediazione costituisce condizione di procedibilità, il giudice può condannare la parte costituita che non ha partecipato al primo incontro al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al doppio del contributo unificato dovuto per il giudizio.
In aggiunta, sempre nei casi in cui il tentativo di mediazione rappresenta condizione di procedibilità, con il provvedimento che definisce il giudizio, il giudice può altresì condannare la parte soccombente che non ha preso parte al procedimento, al pagamento in favore della controparte di una somma equitativamente determinata in misura non superiore nel massimo alle spese del giudizio maturate dopo la conclusione del procedimento di mediazione. L’applicazione di tale provvedimento avviene su richiesta di parte.
Stefano Botta