ROMA – “Quella di domenica non è stata una giornata buia” perché, nonostante i rischi, è stata segnata da una risposta forte e immediata di reti sociali di base a difesa di democrazia e stato di diritto”: così all’agenzia Dire Stefano Simoni, attivista e coordinatore dell’ong Brasil Saude e Acao (Brasa).
La sua voce arriva al telefono dalla città di Goiania, a circa due ore di automobile dalla capitale federale dove sostenitori dell’ex presidente Jair Bolsonaro hanno assaltato le sedi della presidenza, del Congresso e della Corte suprema. In relazione ai fatti di Brasilia sono state arrestate oltre 1.500 persone ed è stato rimosso il governatore locale, Ibaneis Rocha, sospettato con altri dirigenti di non aver dato le disposizioni necessarie a garantire la sicurezza dei luoghi che ospitano le istituzioni federali.
Più che su questo tipo di reazione, coordinata dal governo del neopresidente Luiz Inacio Lula da Silva, entrato in carica il primo gennaio, Simoni si concentra sull’attivismo di base.
Originario di Pistoia, 53 anni, da 20 in Brasile, un Paese del quale è cittadino, sottolinea come già domenica attivisti e alleanze di organizzazioni civiche abbiano diffuso manifesti di condanna e promosso iniziative a difesa della legalità democratica. Il suo è un osservatorio nazionale. Brasa è partner dell’organizzazione italiana Aifo, in prima fila per il diritto alla salute e l’inclusione su base comunitaria delle persone con disabilità. Ha uffici e progetti in quattro delle cinque regioni del Brasile, anche per persone affette da lebbra, una malattia che nel Paese non è scomparsa.
“Siamo inseriti in Rede unida, un’alleanza che condivide l’impegno politico per i diritti umani” riferisce Simoni: “Domenica sera abbiamo firmato e diffuso un manifesto nel quale si denuncia un’azione terroristica preventivamente annunciata sulle reti sociali, che si è potuta verificare per via di omissioni da parte di alcune istituzioni, già complici nei mesi precedenti rispetto ad attacchi ripetuti alla democrazia”.
A mobilitarsi, con prese di posizione e appelli, sono state anche realtà associative e di rappresentanza che negli anni del governo Bolsonaro erano state penalizzate od ostacolate rischiando persino di essere abolite. Tra queste figurano il Consiglio nazionale dei diritti umani e il Consiglio nazionale per la salute, pronti a denunciare un tentativo di colpo di Stato.
“Un punto comune è la richiesta che non ci sia alcun tipo di amnistia, da qualcuno indicata come necessaria per ‘pacificare’ il Brasile e non aprire un ‘vaso di Pandora’” riprende Simoni. “Anche nelle manifestazioni di piazza dei giorni scorsi è stato evidenziato che chi ha commesso reati deve essere condannato secondo un principio di giustizia”.
Dà fiducia la linea tenuta da alcuni dei principali media del Brasile. “Ci ha colpito la qualità, la tempestività, la correttezza e nel complesso l’eccellenza del servizio informativo offerto dal gruppo Globo” sottolinea il coordinatore di Brasa.
“C’è stato un lavoro capillare per svelare e denunciare le fake news, nutrimento quotidiano della propaganda pro-Bolsonaro”. Ma qual è l’identikit dei sostenitori dell’ex presidente, che non ha riconosciuto l’elezione di Lula partendo per gli Stati Uniti pochi giorni prima del suo giuramento? “Persone della classe media, che spesso frequentano le chiese dei pastori neopentecostali proprio come Bolsonaro”, risponde Simoni: “Negli ultimi 15 anni si sono arricchite, ma non hanno imparato a leggere i fatti del mondo restando vittime di una capacità di manipolazione impressionante”.
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