Fino al 28 settembre il Museo del Centro Caprense Ignazio Cerio di Capri ospita “Re-Velation”, mostra fotografica di Carla Iacono.
L’esposizione, curata da Marina Guida, ha come protagonista l’hijab, il velo che incornicia il volto delle donne islamiche, coprendone i capelli; in questo caso, declinato in modi differenti, dai più realistici ai più surreali, diviene mezzo di comunicazione simbolica tra Oriente e Occidente.
“Re-Velation” è una serie che l’artista porta aventi da alcuni anni: l’intento è quello di rivelare, termine che deriva al latino revelare – “togliere il velo”, significati ed essenze che si celano in questo indumento.
La mostra affronta un tema estremamente attuale, in quanto il velo continua a essere un tema di dibattito, spesso astioso, in molte culture e società.
Questo antico simbolo, ancora oggi, a seconda del contesto nel quale viene adottato, può proteggere, nascondere, abbellire o divenire baluardo di rivendicazione identitaria e fulcro di un auspicabile dialogo interculturale. La pluralità di accezioni attribuibili e il potere evocativo del velo ne rendono complessa la definizione: la simbologia del velo cambia, infatti, in funzione del contesto sociale in cui si cala, spesso con differenze incolmabili tra chi lo indossa e chi lo percepisce.
L’evento è un’occasione per riflettere sulle ambiguità, sulle contraddizioni e sul significato che si cela dietro l’utilizzo di questo indumento.
“Re-velation” è anche legata alla tematica principale del lavoro artistico di Carla Iacono, ovvero l’analisi dei riti di passaggio.
Infatti, nell’Islam classico il velo sancisce il transito dall’infanzia alla pubertà, rivendicando il rispetto dovuto alla donna che sarebbe così protetta dagli sguardi “impuri” degli uomini.
In modo simile, in altre epoche, culture e religioni, il velo, quando utilizzato, è legato a eventi/situazioni di valore iniziatico come matrimoni, lutti o stato monacale nella simbologia cristiana; oppure è assimilabile a “status symbol” come per le nobildonne nella società ebraica antica oppure nel caso della veletta nell’Ottocento.
L’artista evidenzia come questo oggetto rimanga ancora oggi un simbolo potente e controverso, indossato da donne di provenienza geografica, classe sociale, cultura differenti e per i motivi più disparati.
Dal confronto delle varie interpretazioni deriva la consapevolezza che è fondamentale, per una società moderna e pluralista, restituire ai simboli delle tradizioni il loro valore, ri-attualizzarli e non vietarli ma, allo stesso tempo, vigilare affinché non ci siano imposizioni, ricordando che l’utilizzo o meno deve essere una libera scelta.
Le immagini della Iacono ricordano i ritratti fiamminghi del Seicento. Il soggetto è fotografato su uno sfondo buio che spesso si confonde con i vestiti. A fare emergere la figura dell’oscurità è una luce laterale, che svela i lineamenti del volto e, sopratutto, il velo, rafforzano sia esteticamente che simbolicamente, il concetto di rivelazione.
Protagonista dei ritratti di questa serie è sempre la figlia dell’artista, questo per far si che il focus non si sposti sul soggetto, sul suo paese di origine o sulla sua religione, ma resti sempre sul simbolo e sulla sua polisemia. L’elemento autobiografico contribuisce, come già in altri precedenti lavori di Iacono, a enfatizzare la rappresentazione e a renderla più naturale.
Il progetto espositivo è promosso dal Museo caprese e patrocinato dalla Città di Capri e del Comune di Anacapri.
Adriana Talia