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VIDEO | Sole, terra, acqua, persone: ricetta ‘Malkadida’ per il futuro di 360mila rifugiati e residenti

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ROMA – “Nel mondo ci sono 114 milioni di persone sfollate o rifugiate, di cui 36 milioni vivono in Africa, e sempre più spesso in campi rifugiati dove vivono per anni, perché le crisi non solo continuano, ma aumentano. È fondamentale realizzare progetti che creino delle alternative e trasmettano un messaggio alle comunità che li ospitano: i rifugiati sono parte integrante e proficua della società“. Lo riferisce all’agenzia Dire Chiara Cardoletti, rappresentante dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unchr) per l’Italia, la Santa Sede e San Marino.

L’intervista avviene a margine del panel ‘Il Piano Mattei: casi di successo da scalare e criticità da risolvere’, promosso dalla Fondazione Avsi nella seconda giornata di Codeway Expo 2024, evento dedicato alla cooperazione allo sviluppo in corso alla Nuova Fiera di Roma. Cardoletti ricorda che, alla luce dell’esistenza di “campi rifugiati sempre più longevi e grandi, in aree urbane oppure remote e isolate,comunque difficili dell’Africa”, così anche il lavoro di Unhcr è dovuto cambiare. “Se prima si puntava all’intervento umanitario- spiega la rappresentante- ora realizziamo progetti che creino alternative e opportunità“.

IL PROGETTO MALKADIDA IN ETIOPIA, DOVE DA 20 ANNI ARRIVANO RIFUGIATI SOMALI

Come Melkadida Refugee Compact, programma quadriennale (2024-2027) rivolto a 360mila residenti dei campi rifugiati nella Regione somala, nell’Etiopia sud-orientale. “Da 20 anni riceve rifugiati dalla Somalia” spiega Cardoletti, aggiungendo che si tratta di un’area “povera, pericolosa e molto colpita dagli effetti dei cambiamenti climatici e dove le comunità locali hanno accolto negli anni fino a 250mila rifugiati”.
Il progetto Melkadida, sotto la direzione del governo etiope, è realizzato in collaborazione con soggetti privati e le comunità locali e di rifugiati. “Il piano”, sottolinea Cardoletti, “punta a rendere efficienti le pochissime risorse della regione”, ossia sole, acqua, terra e persone.

Si parte dal sole: grazie a impianti fotovoltaici, continua la rappresentante di Unhcr, “stiamo cercando di elettrificare l’area per portare energia alle persone”. Secondo Cardoletti, “questo permetterà di irrigare i campi, garantire istruzione ai giovani e cucinare in casa senza dover tagliare alberi per la legna da ardere”.

Poi, l’acqua: “Stiamo attuando interventi che permettono di non disperderla, oppure consentono di fare scorte e trovarne di nuova”. La terza risorsa è la terra. “Abbiamo già irrigato 10mila ettari di terreno per garantire fonti di alimentazione” dice Cardoletti. Che cita poi un quarto punto, l’investimento nelle persone: “Diamo accesso a scuola, sport e salute così i giovani non saranno costretti a lasciare il Paese”.

GATTI (DGCS): COL PIANO MATTEI SPINTA A FARE DI PIÙ

“Il Piano Mattei ci ha dato la spinta politica necessaria  voltare pagina, che non vuol dire rinnegare il passato, ma riuscire ad andare più velocemente, perché la cooperazione è uno dei pilastri del progetto di Palazzo Chigi per l’Africa”. Lo riporta Stefano Gatti, direttore della Direzione generale della Cooperazione allo sviluppo (Dgcs), aprendo il panel ‘Il Piano Mattei: casi di successo da scalare e criticità da risolvere’.

Il lavoro da fare secondo il dirigente “è tanto, a partire dall’adeguamento normativo”: “è necessario- suggerisce Gatti- avere norme e leggi agili, compatibili e adeguate alla realtà del paese: ad esempio, il nostro Codice appalti chiede procedure competitive. Bisogna capire se e come i Paesi possano garantirle”.

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