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7 ottobre, la giurista: “La credibilità dell’Occidente è al bivio”

Mondo7 ottobre, la giurista: “La credibilità dell’Occidente è al bivio”

ROMA – “Non è la prima volta che assistiamo a una guerra a Gaza, ma questi 12 mesi di conflitto presentano delle novità che mettono seriamente a rischio la futura credibilità dei Paesi occidentali“. Parla con l’agenzia Dire Alessandra Annoni, docente di Diritto internazionale presso l’Università di Ferrara, a un anno dall’inizio dell’operazione militare israeliana nella Striscia di Gaza, in risposta agli assalti dei commando di Hamas che provocarono circa 1.200 morti.
Annoni premette: “Non possiamo ignorare che gli ultimi scontri si inseriscono in 57 anni di occupazione militare israeliana dei Territori palestinesi, occupazione che a luglio la Corte internazionale di giustizia (Icj), con un parere storico richiesto dall’Assemblea generale, ha definito illegale, con conseguente obbligo per Israele di porre fine alla sua presenza sia militare che civile, ossia dei propri coloni”.

Nell’attuale conflitto, prosegue l’esperta, “possiamo trovare però elementi di novità: dalla cruenza degli scontri, con oltre 41mila morti, all’uso della violenza secondo modalità difficilmente spiegabili in termini di mera necessità militare – da cui l’accusa di genocidio – ma anche l’attivazione di una serie di strumenti di giustizia internazionale presso la Corte internazionale di giustizia e la Corte penale internazionale nei confronti di uno Stato che ha sempre goduto della protezione dei Paesi occidentali, che gli hanno consentito di agire nella piena impunità”. Quali segni lascerà sull’ordinamento internazionale tutto questo? “Presto per dirlo- replica la docente- ma gli Stati che hanno dato vita a quell’ordinamento si trovano a un bivio: o trovano la forza per tutelare i valori che essi stessi hanno definito – pace, rispetto del diritti fondamentali, diritto all’autodeterminazione, per citarne qualcuno – isolando Israele e sostenendo il lavoro delle istituzioni che si sono attivate per difendere quegli stessi valori, oppure sono destinati a perdere qualsiasi credibilità”.

Ma quali sono gli strumenti di diritto attivati presso le corti internazionali? Annoni parte dalla Corte internazionale di giustizia (Icj), tribunale delle Nazioni Unite istituito nel 1948 che risolve le controversie tra Stati. “Al momento pendono due controversie all’Icj rispetto a quanto sta avvenendo a Gaza” sottolinea. “La prima è stata incardinata a gennaio dal Sudafrica, che ha denunciato Israele accusandolo di aver violato la Convenzione sul genocidio. Il Paese ha chiesto misure cautelari in attesa di una sentenza di merito”. In meno di un anno, ricorda la studiosa, “i giudici dell’Icj hanno emesso ben tre ordinanze cautelari, e già nella prima del 26 gennaio la Corte ha riconosciuto la plausibilità dell’accusa sudafricana, ossia il rischio imminente per la popolazione di Gaza di essere sottoposta a un genocidio, e su questa base ha ordinato varie misure immediate anche per favorire l’ingresso aiuti umanitari”. Ordinanze che, denuncia Annoni, “Israele ha disatteso”. Per una sentenza definitiva però, “potrebbero volerci mesi o anni”: il 28 ottobre il Sudafrica presenterà la propria memoria, a cui Israele potrà rispondere entro il 28 luglio 2025 e poi potrebbe seguire un ulteriore scambio di memorie”.
Tuttavia, secondo Annoni, è significativo il fatto che l’Icj nella prima ordinanza abbia riconosciuto il rischio di genocidio, “suonando un campanello d’allarme forte nei confronti degli stati terzi che, essendo parte della convenzione sul genocidio, hanno l’obbligo di attivarsi per prevenirlo”.
Proprio la responsabilità degli Stati terzi è al centro della seconda controversia all’Icj, che parte dalla denuncia del Nicaragua contro la Germania, accusata di fornire armi a Israeele, e del taglio ai fondi all’Unrwa, l’agenzia Onu per i profughi palestinesi, violando sia l’obbligo di prevenire il genocidio che di garantire il rispetto delle diritto umanitario, ma violando anche il divieto di prestare assistenza a uno stato che sta non sta rispettando le norme internazionali, come il divieto di apartheid e l’obbligo di garantire l’autodeterminazione dei popoli.
In questo caso, dice Annoni, “la Corte non ha emesso misure cautelari perché non ha riconosciuto un rischio imminente”, dato che nel frattempo la Germania “ha ridotto la fornitura di armi e ricanalizzato gli aiuti alla popolazione civile”. Anche in questo caso, secondo la professoressa, “la decisione nel merito richiederà tempo”.

Annoni passa poi in rassegna l’operato della Corte penale internazionale (Cpi) che ha competenza su crimini di guerra, contro l’umanità e di genocidio a carico di singoli individui. La docente ricorda che un procedimento è al vaglio dei giudici dell’Aja riguardo a “crimini commessi da chiunque nei Territori palestinesi – Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme est – a partire dal 13 giugno 2014, e da cittadini palestinesi anche altrove. Il 3 marzo 2021 l’Ufficio della Procura ha avviato l’investigazione, ma solo il 20 maggio 2024 l’attuale procuratore Karim Khan ha chiesto alla Camera preliminare della Corte di emanare cinque mandati di arresto internazionale”.
Tali richieste riguardano Yahya Sinwar, leader di Hamas a Gaza, Modammed Al-Masri, comandante delle brigate Al-Qassam, Ismail Haniyeh, capo dell’ufficio politico di Hamas. Dei tre, solo il primo è ancora vivo.
Tra i crimini individuati, ci sono ad esempio quello di sterminio, presa di ostaggi, tortura, trattamento crudele e stupro. Al tempo stesso, prosegue Annoni, “il procuratore Khan ha chiesto mandati d’arresto anche per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant per i crimini di affamamento, omicidio di persone protette, attacchi diretti contro i civili, sterminio e persecuzioni. A oltre quattro mesi, la Camera non si è ancora pronunciata ma il lavoro dell’Ufficio della Procura sta andando avanti e, come Khan ha dichiarato di recente, potrebbero essere chiesti ulteriori mandati di arresto per nuovi crimini o nuovi imputati”.

Infine, un cenno al tema delle sanzioni, che anche l’alto rappresentante per la politica estera dell’Ue Josep Borrell ha chiesto contro Israele. “L’organo preposto sarebbe il Consiglio di sicurezza dell’Onu, che in questo caso però è bloccato dal veto degli Stati Uniti” dice la professoressa. “Il veto è stato utilizzato di recente dalla Russia per le sanzioni seguite alla sua aggressione all’Ucraina. Tuttavia, in quel caso, ciò non ha impedito agli Stati di reagire in modo compatto condannando l’operato del Cremlino e adottando sanzioni, anche di natura economica, come ha fatto l’Unione europea”. Secondo Annoni, “il diritto internazionale lo consente”.

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