ROMA – Conte ci sta spostando troppo a sinistra, via Conte.
“Guardate che il nostro avversario è Fratelli d’Italia, l’avete capito?”, domanda Nuccio Di Paola. Epperò Grillo ci tiene “in ostaggio: salvateci”, grida Virginia Farruggia.
“Eh, ma se viene eliminato Beppe si torna alla democrazia diretta, all’uno vale uno? Io non credo”, dice Simone Maio.
“Vi ricordate i giorni del ‘vaffa’? Era ‘bellissimo…”.
E basta con tutto questo virtuale, la gente vuole “un ritorno alla fisicità”, osserva Manuel Caruso da
Ferentino. Ma come? “Votiamo nei gazebo!”. Occhio, però, “le persone nei banchetti sono molto demoralizzate e disorientate- avverte Valentina Manente- non sanno più a chi credere”.
Bisogna “cambiare, evolvere”.
Cominciando dal simbolo: un bordo tricolore, evviva l’Italia, e “un’araba fenice” nel tondo, “simbolo di rinascita- propone Antonio Russolillo- perché abbiamo bisogno di rinascere”.
E come? “L’unico che può riportare entusiasmo è Alessandro Di Battista”.
Brandelli di agorà a Cinquestelle. Una delle più ghiotte: “Revisione dello Statuto per discutere dei ruoli del Presidente e del Garante, il nome e il simbolo del Movimento e la riorganizzazione dei Gruppi territoriali”.
E’ lunedì pomeriggio: alle 15 una sessantina di militanti pentastellati si ritrovano online. Webcam aperte e via: idee, malumori, lamentele, richieste, proposte, qualche veleno.
Sono giorni che la formula è la stessa: dodici agorà, dodici dirette su Youtube; dal 15 al 20 novembre, chiuse proprio alla vigilia del voto sui quesiti dell’assemblea costituente che inizierà domani alle 10.
Transizione ecologica, riforma della scuola, politica di pace, lavoro dignitoso.
UN GIORNO PENTASTELLATO
Oltre ventiquattr’ore di dibattiti (27 per la precisione), quasi 600 interventi. A day in the life grillina.
Alcuni e alcune si affacciano in tutte le agorà virtuali. Tornano nomi e volti, cambiano i vestiti, talvolta le acconciature, ci si potrebbe affezionare.
“E’ un momento entusiasmante- dice Giuseppe Conte in un video sui social- vota, decidi”.
In attesa di ‘Nova’, è il big bang dell’oratoria grillina. Una via Lattea di sogni e disillusioni. Due minuti a testa per argomentare, poi il moderatore è inflessibile: musichetta d’archi, stile ‘C’è posta per te’ e addio collegamento, avanti il prossimo, o la prossima.
In tanti e tante chiedono un riconoscimento economico per i gruppi territoriali, “perché anche affittare una sala costa”, propongono di abbassare da 30 a 10 il numero di iscritti necessario per formarne uno. E vogliono una sede, altro che blog.
Il tema del garante è molto sentito. Per Danilo Di Guida, ex candidato sindaco a Marano di Napoli che lavora nella segreteria di Mariolina Castellone, “l’idea di eliminare la figura del garante Beppe Grillo è un errore, non devo spiegarvi io chi è e cosa ha fatto per il Movimento”.
Antonella Traino la pensa diversamente: “Da quando Conte è diventato leader Grillo lo insulta e lo prende in giro, lo dileggia. Il ruolo del garante dovrebbe essere tutt’altra cosa. Beppe Grillo non dovrebbe più essere il garante'”
Simone Morgana chiede di abolirlo tout court, mentre per Domenico Gambino “il garante è una figura molto importante. In Beppe Grillo vedo anche Gianroberto Casaleggio: non bisogna dimenticare da dove siamo venuti, dove siamo arrivati e dove vogliamo andare”.
Pasquale Palumbo ricorda che “siamo nati né di destra né di sinistra, Conte ci sta collocando assolutamente a sinistra, forse non ha studiato bene la storia”.
Valeria Franco muove la stessa critica: “Chi ha deciso che siamo un partito di sinistra? Ci siamo spostati totalmente in questo campo. Il sogno di Casaleggio era prendere le menti migliori di destra e sinistra”.
Mara Cipolla prende la parola da Belvedere Marittimo, parla velocissima: “Grillo deve essere ridimensionato”.
Carolina Morace si collega da Bruxelles, da dove legge un dispaccio molto contiano: “Nulla contro Beppe Grillo ma ritengo più corretto e democratico avere un organo di garanzia più collegiale”.
E’ entusiasta della costituente: “Vorrei congratularmi con noi per un processo democratico mai visto in nessuna forza politica di nessun Paese al mondo”.
Il tempo passa, il dibattito va avanti. Dopo un’ora e mezza ad Alberto Tatone sorge un dubbio: “Voi state prendendo appunti? Come fate a condensare queste richieste e svilupparle?”.
Francesco Castellana è esterrefatto: “In due ore nessuno ha parlato di formazione politica”.
Marcello Pilato si collega dalla Germania, con uno sfondo di Monaco di Baviera. Fa molto Felice Caccamo.
Giuseppe Paschetto è nella sua mansarda tutta legno a Biella. Andrea Bardin in macchina, come Pietro Aversano: “Non è un conflitto di interessi che parlamentari al secondo mandato parlino del terzo mandato? Il confronto sarà costruttivo per capire chi è poltronaro e chi no’.
Luigi Alessandrelli ha un ciuffo alla John Travolta all’epoca di Grease: ‘Dobbiamo cambiare ed evolvere. Il ruolo di Grillo sia onorario’.
Anche Francesco Zurco da Crotone, Giovanni Gemma e Filippo Alberto Scalone chiedono di togliere poteri al fondatore e lasciargli solo una carica ‘onoraria’.
Elena Danielis abbraccia il nuovo corso: “Trovo molto valida l’era ‘regolamentaria’ di Conte, quella di prima era una falsa democrazia”.
Brian Harland da Gorizia, con bandierona M5S alle spalle, manda “una critica a tutti e due i Giuseppe: avete dato alla stampa e ai social le nostre problematiche ingrassando i nostri detrattori. Dovevate alzare la cornetta e parlarvi, voto 5 a entrambi”.
E’ lui il Robin Hood che qualcuno sogna: “Prendiamo i 300mila euro di Beppe e investiamoli nel territorio non si può pensare che siano sempre i responsabili a sborsare di tasca propria”.
S’affacciano una senatrice e un deputato. “Cosa penso del garante lo sapete dal 2021- sibila Alessandra Maiorino- da quando fece quel video sul figlio…”.
Poi, chiede di “cambiare il simbolo per uno ancora più d’impatto e ancora più forte”.
Alessandro Caramiello, da Montecitorio, è scettico: “Non cambierei nome e simbolo perché sono la nostra anima che ci contraddistingue”.
C’è dibattito sul simbolo. Attilio Di Maio da Cerveteri propone di “aggiungere la parola pace”.
Enzo Cerlin di mettere ‘intorno al simbolo, nel bordo, i colori della bandiera italiana. E cambiare nome in ‘Movimento democrazia e progresso: Mdp”.
Gregorio Stano è pronto a tagliare i ponti col passato: “Sono per l’eliminazione della V del vaffa day dal simbolo, dato che siamo andati avanti e ci siamo evoluti. Siamo andati oltre da quel periodo bellissimo…”.
Per Fabio Greco, presidente della Municipalità 3 di Napoli, “sarebbe un grande autogol cambiare nome e simbolo, non possiamo permettercelo”.
Stefano Fabri dice basta a Skyvote e Whatsapp: “Spostiamoci sulla piattaforma Discourse”.
Non ditelo a Claudio Suppressa: “Online non funziona più, le votazioni facciamole sotto i gazebo”. Serpeggia, neanche poco, il tema dell’astensione: far fallire la costituente contiana facendo mancare il quorum necessario ad approvare modifiche e riforme.
L’ex deputato Marco Bella guida la cordata: “Propongo di non votare: è l’unico modo lecito per mandare un messaggio chiaro ai vertici e fermare il declino del Movimento”.
Marco De Bartolomeo non esita un minuto: “Io non voterò”.
Patrizio Cinque e altri s’aggregano: “Questa costituente serve per togliere il simbolo a Grillo e dargli il benservito. Ritengo non sia il momento, meglio non fare scattare il quorum”.
La fatica si fa sentire, serve una pausa. La trasmissione va in stand-by, s’avvicina l’ora dell’aperitivo. Alcuni sono stati nei due minuti consentiti, altri sono stati tagliati, altri ancora non avevano capito il meccanismo e hanno continuato a parlare senza essere ascoltati come pesci nell’acquario, nonostante la musichetta del benservito.
In chiusura arriva Francesco Ruggieri, sconsolato: “Mi sembra che il Movimento sia il simulacro patetico di ciò che è stato. Se c’è una figura che deve essere messa in discussione è quella di Conte, visti i risultati elettorali più simili a quelli di una lista civica che a quelli di un partito che aspira al governo. Il Movimento è l’antitesi della partecipazione e dell’entusiasmo di prima. E’ percepito come succube del Pd”.
Quindi? “Mi auguro che torni l’unico che può riportarci alla coerenza e all’entusiasmo di un tempo: Alessandro Di Battista. Conte e Taverna vadano a farsi il loro partito da un’altra parte”.
Dopo due ore e mezza di dibattito, siamo daccapo, l’appello a ‘Dibba’. Torna Ale, ‘sta casa aspetta a te.
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